È una figura che vive sempre di una doppia identità. Da una parte rappresenta il punto di riferimento, colui che controlla, verifica ed esprime un parere tecnico sui segugi, pertanto indiscutibile centro delle attenzioni di tutti i cinofili, dall’altra è un semplice “strumento”, un “dispositivo tecnico” utilizzato dalle istituzioni per selezionare i migliori soggetti appartenenti alle razze e pertanto un discreto e invisibile “accessorio” che transita nelle prove, lascia il proprio parere tecnico e si eclissa senza nessuna pretesa di glorie personali. Non è un mediatore, né un salomonico arbitro, non è un cinico esecutore perché è il baluardo della cinofilia e della passione di tutti noi, ma neanche un individuo coinvolto e trasportato dalle emozioni (se non quelle generate nella sua riservatezza dal lavoro dei cani).
Distaccato ma presente, severo ma giusto, come lo potrebbe raccontare qualche post sui social. Il giudice tuttavia è anche molto altro e nella sua opera si nasconde un momento di straordinaria importanza, quasi sempre ignorato e molto spesso omesso. Accade che nelle prove cinofile, si affaccino giovani o neofiti che con grandi timori ed enormi speranze approdano agli ambienti della cinofilia che conta. Giungono da ogni dove, macinando chilometri di strada per esibire le capacità di quelli che ritengono essere gli ausiliari migliori del mondo. Sono carichi di aspettative, forti di una passione travolgente, di spirito di sacrificio e del coraggio necessario per prendere i propri soggetti e presentarsi davanti a un professionista competente perché possa aiutarli a migliorare il proprio percorso di selezione.
Sono aperti a ricevere consigli, incontrare persone, conoscere nuovi amici e fare i conti spesso con la realtà di campioni veri che mostrano qualità al di là della loro prima immaginazione. È un momento significativo, in cui questi nuovi cinofili hanno bisogno di trovare punti di riferimento, consigli, indicazioni, informazioni e cultura generale sull’ambiente e sulle razze. Il giudice in questo momento ha un’occasione unica: ha l’opportunità di far innamorare questi giovani della cinofilia, di fissarne gli interessi e i desideri. Il giudice si erge allora al di sopra delle parti, spesso al di sopra dell’organizzazione che in alcuni casi resta troppo fredda nei riguardi dei nuovi arrivati. L’accoglienza diventa uno strumento potente e malgrado il giudice termini il suo compito al suono della tromba, le parole e l’esperienza trasferita a chi cerca nella sua voce un punto di appiglio per dare senso al proprio lavoro, rappresenta un messaggio di rispetto e apprezzamento per il ruolo che ogni cinofilo compie quotidianamente nel proprio canile! Perché racconto questi aspetti per me così importanti. In prima istanza per evidenziare che tutti i protagonisti presenti nelle formate di prove sono accumunati dall’amore per il segugismo e per la natura.
Questo presupposto deve essere prioritario e fondamento di ogni rapporto. In seconda istanza, per mia personale esperienza, il rapporto con i giudici che ho incontrato in questi anni ha determinato il mio percorso e mi ha dato da una parte forte motivazione e duri ma utili colpi da digerire, dall’altro, purtroppo, qualche approccio più teso a evidenziare la propria personalità e il proprio dominio piuttosto che l’apertura a un neofita entusiasta. Per mia fortuna sono stato giudicato da quasi tutti i giudici da cinghiale del nostro paese, qualcuno anche estero, ognuno ha lasciato in me un pezzo di esperienza, ognuno ha speso una parola, un consiglio, una critica che seppur severa ha orientato il mio percorso e mi ha aiutato a capire meglio il mio ruolo. Tutti mi hanno aiutato a trovare un posto nell’ambiente in cui ero approdato e mi hanno aperto la strada della cinofilia che ancora oggi percorro con pazienza e soddisfazioni alterne a delusioni. Lezioni importantissime che oggi rappresentano un piccolo patrimonio. Ogni giudice ha il dovere di custodire questo alto lignaggio e trasferirlo ai nuovi arrivati, spesso con poche parole, spesso con la semplicità di un amico con cui potresti aver cacciato, come quella volta che quel giudice, parlandomi di quella cosa, insegnandomi quegli aspetti della razza, mi fece capire che non ero un estraneo e mi fece intuire che forse anche io …