Verifiche zootecniche. Lo abbiamo già detto, cosi si chiamano in realtà gli eventi a cui prendiamo parte con i nostri segugi, che svolti in zona recintata o terreno libero, sono il momento in cui il nostro duro e lungo lavoro di cinofili dovrebbe trovare compimento. L’aspetto sportivo è importante e un po’ di sana competizione non deve venire meno, dopotutto sono motivazioni che ci spingono a fare sempre meglio e sono indicatori di un temperamento desideroso di emergere.
Questa voglia, se ben gestita con virtù e correttezza, fa del bene alla cinofilia che si nutre quotidianamente del nostro impegno e dei nostri sacrifici. Davanti a noi il giudice, una figura autorevole, la persona esperta e incaricata di individuare il buono e il meno buono nel nostro lavoro di selezionatori. Ma come si giudica una prova, ad esempio, su cinghiale?
Perché si attribuiscono certi punteggi? E come si crea il giudizio sulla prova. Spesso ignorare questi aspetti non ci facilita la comprensione delle relazioni che ci vengono rilasciate e che raccontano, per quel giorno e in capo a quella prova, quanto i nostri segugi hanno dimostrato di saper fare.
Gli aspetti da giudicare nel cane
Consiglio a tutti di fare un corso da giudice, un corso federale ben organizzato, non per passare “dall’altra parte della barricata” come ironicamente potremmo pensare, ma per aiutarci a capire come e perché il giudice redige le sue relazioni e in che modo quel foglio compone un pezzetto della nostra storia. In prima istanza il giudice verifica la corrispondenza tra soggetti iscritti e identità di ogni segugio per assicurarsi che il cane in prova sia quello a cui saranno poi ascritte le eventuali qualifiche. Al controllo dell’identità segue quello degli aspetti morfologici, alla ricerca di possibili difetti da eliminazione. Presentare in prova un cane con gravi difetti: monorchide, con problemi di dentatura, fortemente prognato o enognato, o addirittura con qualche dente assente, menomato, o con gravi depigmentazioni equivale a esporre il soggetto a una squalifica.
Se non si rilevano difetti da eliminazione il giudice esprime il suo parere in relazione alla standard cui il soggetto appartiene, valutandone la congruità rispetto alla taglia, alla conformazione della testa, all’orecchio, la coda, il tronco, il mantello. Tutti aspetti molto evidenti e che è possibile apprezzare anche in condizioni non ideali, ovvero non su un terreno espositivo perfetto e con il cane in posizione stazionaria. Ricordiamoci sempre che siamo in prova e in molti circostanze il giudice e i cani si trovano su terreni sconnessi, in spazi non sempre ampi e in condizioni climatiche non sempre favorevoli.
Il giudizio della scheda comincia pian piano a prendere forma. Il monte punti assegnabile è diviso per voci in relazione al grado di rilevanza che quella voce costituisce per la prova in oggetto: morfologia 30 pt, standard di razza 20 pt, cerca 30 pt, accostamento 30 pt, abbaio a fermo 40 pt, seguita 50 pt. Da notare, come la seguita sia la fase che attribuisce il punteggio più alto, proprio perché è di cani da seguita che stiamo parlando e la fase regina che distingue le attitudini di queste razze è proprio l’inseguimento del selvatico.
Giungiamo pian piano al momento della sciolta, quello per cui tutti siamo con il fiato sospeso e sul quale scarichiamo tutta la nostra tensione e aspettativa. Eppure le fasi propedeutiche alla sciolta sono fondamentali, non dobbiamo sottovalutare quello che il giudice ci dirà in quel momento, specie quando ci farà osservare dei difetti morfologici evidenti sui quali dovremo imparare a lavorare. Lo standard a cui il giudice fa riferimento è il dna di quella razza, ovvero: sono le linee guida di come quella razza è stata negli anni (o nei secoli) costruita per potersi esprimere al meglio nel lavoro che le viene richiesto. Ogni elemento dello standard morfologico è un indicatore che mette l’allevatore e il cinofilo in condizione di procedere sicuro nella sua selezione e riconoscere con sempre maggiore puntualità le caratteristiche ottimali e quelle meno gradite dei propri soggetti. Nella mia personale esperienza ricordo ogni volta che ho sganciato i cani nel bosco, ogni seguita, ogni dettaglio.
Negli anni si sono avvicendati soggetti, miglioramenti e regressioni, fortune e sfortune di un mestiere sempre difficile e di grande sacrificio. Ho macinato chilometri in tutta Italia per il piacere di sentire i miei segugi dare battaglia ai cinghiali e capire dai giudici quale fosse il meglio che potessi fare per loro e per me. In tutti gli incontri ho avuto la fortuna di imbattermi in persone competenti e disponibili, caratteristiche imprescindibili per un giudice. Di tutte le esperienze sapete quali sono quelle che ancora mi riecheggiano nella testa?
Non le vorticose seguite di Raoul o i fermi di Zara, ma gli affondi del giudice che in modo distaccato e severo ha rimarcato le mancanze profonde nella mia selezione. Spesso questi messaggi sono arrivati come pugni nello stomaco, entrate a gamba tesa che non ti aspetti, che ti proiettano in un attimo in un affare da adulti e ti fanno capire che non stai giocando “alla caccia” ma partecipi a un sistema di selezione con un metodo e un obiettivo lungimirante e con cui spesso è duro scontrarsi. Ecco perché ogni fase di quelle descritte nella scheda delle relazioni ha il suo valore e il suo significato.
Le fasi della prova cinofila
Il più delle volte non è incontrare un selvatico non consentito o non incontrare per niente che ci fa sentire delusi e colpiti, ma apprendere come siamo fuori strada rispetto alla selezione che operiamo sulla nostra razza. A proposito di scheda e relazioni, eravamo rimasti al momento della sciolta, l’atto che da avvio alla “cacciata”, il periodo in cui i cani devono dimostrare di essere in grado di svolgere le fasi, siano essi in solitaria siano essi in muta, con il peso, questi ultimi, di dover dare prova di lavorare nelle diverse fasi come una squadra unita. Dopo la sciolta dunque, ci si avvia alla cerca, una fase forse troppo sottovalutata e, nell’esercizio venatorio, messa troppo spesso in pericolo dall’abitudine di sganciare troppo vicino alle rimesse. Il cane se vuol conquistare la sua preda deve per prima cosa cercarla, rilevare l’usta utile e raggiungere il suo covo, se non fosse capace di interpretare questa fase come potrebbe mai condurci al cinghiale?
Arrivati dunque all’usta utile, alla passata notturna, il cane deve accostare, procedere senza esitazione verso il covo dell’animale, ricostruendo il percorso che il cinghiale ha compiuto durante la notte per raggiungere il suo ricovero. L’accostamento è una fase affascinante, il cane deve vocalizzarla, superare ostacoli e risolvere falli compiuti dal cinghiale quando, ad esempio, ha superato un fosso o attraversato una strada per andarsi a barricare dietro un bastione sicuro. Giunto allo scovo esplode la magia dell’abbaio a fermo. Il cane cambia tono, l’abbaio si fa deciso e buona parte dei segugi trasmettono al giudice un messaggio inequivocabile: l’animale è qui, sono arrivato, il cinghiale è dentro questa fortezza di rovi.
Il cinofilo a questo punto sente scorrere nelle vene tutta l’adrenalina possibile, il cuore palpita e si riempie di gioia, il cane ha scovato, è di sicuro un cinghiale. Il suo cane o la sua muta sono a ridosso della preda e le voci sono quelle familiari dei suoi cani. Da questo momento in poi, va detto, il conduttore perde completamente la dimensione della realtà, diventa un partecipe coinvolto ed emozionato, ogni abbaio, fosse anche uno ogni 2 minuti, diventa un’azione splendida e insistente che andrebbe premiata con un c.a.c., ma il giudice no, lui non deve lasciarsi coinvolgere, deve restare impassibile e valutare la qualità, il ritmo, il tono del fermo. Capire, in relazione alla razza che sta giudicando, se quell’azione è ben condotta, se l’abbaio è un abbaio di controllo, un abbaio di paura, un abbaio insistente o addirittura troppo irruento. Deve percepire se il cinghiale va in difesa e se il cane soffre l’assalto del cinghiale, se esita, se lo teme o se comincia a battagliare in modo rischioso con il suo avversario, infinitamente più forte di lui.
Arriva un momento in cui deve emergere una qualità assoluta del cane, l’autorevolezza nell’abbaio a fermo. Il fine della prova è dimostrare che il soggetto sia utile e ideale per la caccia al cinghiale, ma se il cane o la muta non sono in grado di far alzare l’animale e indurlo alla fuga, come potremmo mai spedire il cinghiale alle poste? Come potremmo mai godere di una seguita emozionante? Dopo una prima fase, più o meno lunga, il cinghiale deve capire chi comanda e il cane deve “portarlo alle poste”. Da li parte l’ultima fase, la seguita, l’avvincente inseguimento, vorticoso, coinvolgente, fatto di mille difficoltà. Il tipo di animale cambia ogni volta radicalmente il lavoro dei cani e li costringe a una seguita lunga, sgretolata, difficile, oppure li esalta in un roboante travalico di voce e brillantezza.
Il tempo scorre rapidamente e il giudice scrive la storia della prova, la racconta nella relazione e la riassume nei punteggi attribuendo possibilmente le qualifiche, individuali o di muta. In questo meraviglioso processo sono nascoste insidie e tanti dettagli, che aiutano il giudice nella composizione del giudizio stesso e obbligano conduttore e segugi a comportarsi secondo i criteri richiesti per essere validati e ritenuti idonei. Nel caso della muta c’è sempre l’insidia dello scovo. Non basta trovare il cinghiale, ma la muta deve arrivare “compatta alla scovo”, ovvero: i cani devono lavorare sulla stessa passata, spostarsi nella stessa direzione e arrivare uniti, o comunque in gruppo, a ridosso della rimessa. La prova non può essere ritenuta una “prova di muta” se i cani già in fase di accostamento lavorano separatamente, anche fossero dei soggetti fenomenali.
Ricordiamoci sempre: la relazione di una giornata è un indicatore prezioso ma parziale. Tante relazioni acquisite in tante prove, redatte da giudici diversi, su terreni diversi, ci aiutano a disegnare passo, passo, il percorso che stiamo perseguendo con la nostra selezione e i nostri segugi. Dopo qualche anno quella meravigliosa raccolta di giudizi comincerà a parlarci, ci darà notizie utili di come ci siamo evoluti e come siamo riusciti a migliorarci, sistemare il nostro processo evolutivo nella cinofilia, diventare conduttori migliori, con soggetti morfologicamente migliori e con prestazioni più affini allo standard di lavoro della razza che alleviamo. E’ un lavoro molto impegnativo, per cui nessuno se non la propria amorevole passione, ci darà soddisfazione. Non basteranno mai trofei, riconoscimenti, attestazioni di stima, sarà solo la nostra obiettività e la nostra capacità di dare un valore al lavoro dei nostri cani a darci la più profonda e piena soddisfazione per il lavoro che avremo svolto.