Le prove di lavoro, o meglio, le verifiche zootecniche. Se le definissimo più correttamente usciremmo dalla logica della competizione sportiva e entreremmo in quella più corretta della selezione e della cinofilia. Di fatto, quando ci rechiamo al cospetto di un giudice, l’intento è quello di mostrare il lavoro che stiamo facendo sui nostri cani e ascoltare un parere esperto che ci aiuti a migliorare la nostra selezione e il nostro allevamento. Le verifiche che vengono solitamente organizzate sono la cosa più lontana dalle competizioni sportive e hanno il solo fine di individuare quei soggetti che sembrano essere più idonei alla riproduzione, pertanto al mantenimento e al miglioramento della razza cui appartengono. A noi piace molto veder emergere i nostri cani durante una battuta di caccia, sentirci complimentati dalle poste che apprezzano il lavoro dei nostri segugi in seguita, figuriamoci quando ci troviamo su un terreno neutrale con un arbitro che decreta in modo ufficiale che i nostri, in quel momento, sono i migliori cani che si siano espressi in quella giornata. Cose che non ci fanno dormire. Cose che ruotano attorno a una figura la cui essenza è assolutamente contraddittoria, mi spiego: il giudice, appunto la figura in questione, è colui attorno al quale ruota l’esito della prova e il giudizio sui cani, colui che è inviato e indicato come l’esperto che deve esprimersi sulle fasi di lavoro dei nostri soggetti ma al contempo è colui che resta marginale e assolutamente anonimo, un protagonista invisibile che non deve mai e poi mai, con la sua opera, oscurare o superare per importanza quella dei cani. Un uomo, o una donna, a servizio del segugismo che si mette a disposizione animato da passione e trasporto, per offrire a tutti noi le competenze maturate con studio e dedizione e regalare a ogni segugista un parare imparziale sulla sua opera di cinofilo.
Come si giudica una prova di lavoro?
Giudicare una prova di lavoro è un’attività complessa, un lavoro che nasconde infinite insidie. Trovarsi difronte a cani che non si conoscono, dei quali non si è mai sentito e visto nulla, che potrebbero nascondere bene difetti clamorosi o non esprimere in modo evidente talenti indescrivibili. I cani sono oggetti spesso misteriosi anche per i loro conduttori. In molti vogliono diventare giudice e in certo senso è una cosa che consiglio di fare. Un buon corso da giudice instrada il canaio alla cinofilia, gli mostra quanto vasto sia il panorama della conoscenza sul cane e quanti elementi concorrono alla formazione di un giudizio. Essere capaci di vestire per un attimo i panni della figura preposta a valutare i propri cani ci aiuta a comprendere meglio le valutazioni che spesso riteniamo inopportune o a giudicare con più obiettività i nostri cani, che spesso ci riempiono occhi e orecchie più per amore che per vero talento, e inoltre ci insegnano a migliorare il nostro modo di allevare e partecipare alle verifiche zootecniche. Ma come si diventa giudici. Esistono per prima cosa due categorie, esperti giudici direttamente emissari dell’Enci, l’ente preposto alla tutela delle razze cinofile ed emanazione diretta della FCI (l’organo internazionale) e i giudici federali, ufficiali di gara che dopo un corso organizzato da federazioni venatorie o sportive acquisiscono la conoscenza sufficiente per poter valutare i cani e redigere una relazione. I giudici si dividono altresì in giudici per esposizioni, che valutano le qualità morfologiche del soggetti e la loro piena attinenza alla razza di appartenenza e i giudici per prove da lavoro, chiamati a valutare quei soggetti impegnati nella “caccia” o nelle attività utili all’uomo.
Chiunque può conseguire il brevetto da giudice federale, più complesso è il percorso per acquisire quello da esperto giudice, tuttavia rivestire quel ruolo, al di là della levatura del grado con cui lo si rappresenta, è un mestiere delicato e un ruolo che non è scevro da profonde controindicazioni. Alcuni esempi: il giudice ha un ruolo, dal mio punto di vista, pedagogico, divulgativo. Il giudice ha il compito, oltre che di selezionare i soggetti migliori, di trasferire soprattutto ai giovani cinofili l’importanza della loro partecipazione alle verifiche zootecniche e instillare, dove possibile, quell’amore e quell’emozione tali da aiutare i giovani a instradarsi con buona cura sulla via corretta. Spesso giudici poco “disponibili” rappresentano un deterrente per i giovani che lasciano anzitempo il mondo della cinofilia per restare, se cosi possiamo dire, solo dei canai. Un danno irreparabile anche per la caccia, che nei nostri tempi ha sempre più bisogno di una rappresentanza sempre più professionale e colta. Altra controindicazione è il clima nel quale spesso vive il giudice. Isolato e necessariamente distaccato da tutti, posto a servizio del cane e a volte criticato da conduttori che antepongono molto spesso il proprio ego al giudizio obiettivo sui solo segugi. Scene viste infinite volte e che il giudice, buona pace per lui deve sostenere con fermezza e autorevolezza. Non mancherà mai il senso di profondo sacrificio con il giudice si dedica a queste attività, tempo infinito sottratto ai propri cani prima ancora, se mi è consentito, che alla propria famiglia. Insomma è un’attività meravigliosa, che ti mette a contatto con razze e soggetti diversi, con metodi di addestramento e capacità di esprimere lo standard di razza che si adatta alla psicologia e al talento di ogni cane, un miracoloso arcobaleno di emozioni, una goduria per chi ama il segugismo. Eppure mi sento di farvi alcune raccomandazioni.
Prima di intraprendere un corso per giudici di prove cinofile fermati un istante e fatti le giuste domande. Vestire i panni del giudice richiede senso di responsabilità e disciplina. È un percorso che non finisce con l’acquisizione del brevetto ma comincia con il confronto con luoghi, persone e soprattutto cani. Devi essere pronto a diventare il centro delle attività cinofile pur restando invisibile, l’accessorio di un ambiente cinico e a volte feroce, come fossi la voce fuori campo di un grande film, un narratore chiamato a raccontare una storia emozionate di cui il pubblico ricorderà solo gli errori che avrai fatto leggendola.
Pertanto, non diventare giudice se:
- Se pensi che i cani siano solo strumenti per la soddisfazione dei desideri dei loro padroni
- Se pensi di essere più preparato, più capace e più talentuosi degli altri giudici
- Se credi che questo percorso farà di te una persona notabile e temuta
- Se sei animato, anche lontanamente, da spirito vendicativo, da desiderio di rivalsa nei riguardi di giudici, cinofili o altri conduttori
- Se non allevi cani, non ne hai mai allevati e non ti interessa farlo
- Se non cacci con i tuoi cani, siano essi utilizzati per la penna, la lepre o il Cinghiale
- Se pensi che i tuoi cani siano i migliori e che gli altri possiedono solo pallide imitazioni
- Se ritieni di aver capito tutto della caccia e della cinofilia e ora il tuo ruolo è quello di insegnarlo agli altri
- Se non ti piace insegnare, condividere, passare del tempo a raccontare come hai composto un giudizio più che chiuderti dietro una relazione e un punteggio
- Se pensi che i giovani siano una risorsa scarsa e non vada concessa loro quell’attenzione particolare per farlo innamorare di questa disciplina
- Se infine, le tue abitudini, i tuoi luoghi di caccia e i metodi, sono sempre gli stessi da 20 anni, cosa che ti da sicurezza e senso di potere ma che nasconde una scarsa conoscenza dei luoghi, dei metodi e del confronto con gli altri.
Se ti senti vicino a queste istanze, evita, o attendi qualche anno ancora, prima di cimentarti in un corso per giudici di prove cinofile. Questa disciplina nasce a servizio dei cani, chiunque vi approcci deve essere consapevole di avere un ruolo da non protagonista, marginale, un piccolo satellite messo lì a servizio dei cani e della difesa delle razze.