Una vecchia regola risaputa e rispettata da cacciatori e segugisti voleva, o vorrebbe tuttora, che un cane non venisse portato a caccia e a contatto con il selvatico prima di aver compiuto almeno il primo anno di età. Il timore è infatti quello di sciupare le eventuali doti venatorie del cucciolone che ancora immaturo caratterialmente finirebbe per commettere errori con selvatici sbagliati o prendere cattive abitudini spesso irreparabili.
In realtà con il trascorrere degli anni sono ormai dappertutto aumentate anche le possibilità di addestramento nei recinti, incrementando quindi le potenzialità e le occasioni di incontro e formazione per i giovani cani.
Non si è più costretti quindi a lasciare in territorio libero cani ancora immaturi che potrebbero distrarsi con uste indesiderate o acquisire difetti difficilmente controllabili da parte dei padroni.
Così a una compagine di cacciatori sempre più esigenti, corrispondono anche cani validamente preparati e anche precoci, dato che solitamente il primo cinghiale viene fatto incontrare intorno ai sette/otto mesi di età.
L’eccessivo desiderio di veder consolidati i progressi del proprio cane non devono tuttavia indurre a scelte precipitose o avventate, perché la pazienza resta comunque la base dell’addestratore che vuole raggiungere i migliori risultati. L’iniziazione di un cucciolone alla caccia va gestita sapientemente e giustamente dosata, anche perché il cane perfetto non esiste. Sono talmente tante e difficili le fasi di azione durante una battuta di caccia che, tra la cerca, l’accostamento, l’abbaio a fermo, un errore può normalmente arrivare.
La cosa fondamentale e più difficile da fare è accorgersi in tempo del problema e saper valutare se si tratti di un errore occasionale o di un vero difetto acquisito e da rivedere.
Nel primo caso sarà sufficiente un energico richiamo istantaneo a imprimere nella memoria del cane un rimprovero legato a un’azione sbagliata, ad esempio inseguire un selvatico che non sia il cinghiale. Di fronte ad altre mancanze qualitative nell’approccio vero e proprio alla caccia da parte del cane, il ricorso al recinto rappresenta una valida scuola, ma non certo la soluzione assoluta.
Può accadere che cani corretti nel primo anno di caccia subiscano regressi o arresti momentanei, a volte è un processo fisiologico nel segugio, in altre occasioni può accadere che il cane abbia subito attacchi o cariche da parte di qualche cinghiale nel corso delle cacciate di cui momentaneamente non ci siamo accorti. In questo caso sarà importante non allontanare il cane dal contesto della cacciata senza però forzarlo sui cinghiali, affinchè un trauma passeggero non diventi un vero e proprio rifiuto del selvatico.
Spesso le squadre di cinghialai si trovano ad affiancare a un capomuta esemplari giovani che nella prova al recinto magari dimostrano buona propensione alla caccia, ma tuttavia in terreno libero evidenziano alcune incertezze, tutto ciò può essere inizialmente normale, perché l’addestramento in azienda serve soltanto a valutare l’intraprendenza dei soggetti e talvolta a provare sui singoli cani le fasi di accostamento e seguita.
Provato con un esemplare più esperto inoltre il cane giovane potrebbe rivelare eventuali propensioni per il lavoro in muta o l’abbaio a fermo. La caccia è tutt’altra cosa, quindi vedere un cane intimidito dalle circostanze di una battuta vera non deve preoccupare eccessivamente perché un cucciolone dimostratosi promettente fino a un anno di età nella maggior parte dei casi confermerà le sue qualità. Importante sarà procedere di pari passo sia con l’addestramento a singolo sia in muta dei soggetti affinchè si consolidino sia il coraggio che l’affiatamento con i propri compagni.
Occorre puntualizzare ora che alcuni errori nelle fasi di addestramento vengono spesso commessi, sebbene inconsapevolmente, proprio dal cacciatore.
Quante volte capita di non dare fiducia alla giovane età dei propri cani, si lasciano inconsiderati o addirittura si richiamano perché convinti stiano inseguendo un selvatico diverso dal cinghiale perché non accennano a fermarsi. Spesso cinghiali di piccole dimensioni invece non si lasciano incalzare a fermo e scorrono lentamente.
Alle prime uscite a caccia tutti i partecipanti alla battuta andrebbero avvisati della presenza di cani giovani in modo da evitare un caos eccessivo. Consigliabile è far partecipare i cuccioloni alle prime armi soprattutto alle braccate più semplici, con terreni dalla vegetazione più rada e accessibile in cui sia sicura la presenza di tracce fresche e quindi di cinghiali. In ogni caso anche seguendo queste accortezze potrà capitare di vedere i giovani ausiliari restare nei paraggi dei padroni, intimoriti dalla nuova situazione, sarà comunque un’ottima occasione per consolidare il rapporto di fiducia e collaborazione cane-cacciatore.
In conclusione possiamo dire che le leggi non scritte che però valgono universalmente per la caccia e l’addestramento restano; mantenere la calma e saper aspettare il giusto momento sia per agire che per valutare eventuali correzioni, senza pretendere mai di poter stravolgere l’indole di un cane.
Alcuni canai danno molta importanza e valore positivo al fatto che un giovane segugio fin da giovane tenda a mordere il selvatico appena abbattuto dimostrando grande passione. A dire il vero sarebbe meglio insegnare ai cuccioloni a mantenere il giusto rispetto e timore nei confronti del cinghiale, nonché la giusta distanza di sicurezza, perché da grandi potrebbero pagare a caro prezzo l’eccessiva esuberanza ed aggressività e noi ci troveremmo a rimpiangere un’ingenuità.