In Nazioni che stavano risorgendo rapidamente dalle macerie, in cui a gran ritmo si stavano diffondendo progresso e benessere economico; in Paesi il cui volto rurale stava repentinamente assumendo caratteri industriali; fu quasi naturale che il mondo della caccia stesso finisse per mutare presentando la richiesta di cani “sportivi” che più si adattassero a lavorare in una campagna sempre più popolata da cacciatori e sempre meno da selvaggina.
La scelta fra inglesi e tedeschi divenne perciò quasi ovunque obbligata, visto che solo queste due realtà erano ormai in grado di presentare tipologie canine in grado di soddisfare il cacciatore moderno. La predilezione tra gli uni e gli altri fu questione di gusti personali. Volevi grande dinamismo, cani veloci e dal raggio d’azione sconfinato? C’erano gli inglesi.
Era più tuo un modo d’andare a caccia riflessivo, con la pretesa di un lavoro degli ausiliari collegato ma infinitamente più ampio ed efficace di quello degli obsoleti bracchi e spinoni? I tedeschi erano lì, apposta per te, pronti a garantirti – specie con le loro doti di somma adattabilità – garanzie sia nella caccia specializzata ché in quella generica.
Se è vero che per le locali condizioni orografico-climatico-ambientali, nonché per le modalità stesse d’intendere l’attività venatoria dei cacciatori tedeschi, in Germania il successo del drahthaar fu tale da appannare addirittura quello del kurzhaar, all’estero le cose andarono in maniera un tantino diversa…
In Norvegia già dal 1935 esisteva un attivissimo Kurzhaar club che avrebbe prodotto poi soggetti strepitosi. In Francia ed Austria il “nuovo bracco tedesco” venne accolto con un entusiasmo senza pari (debbo ricordare i Du Mas de la Combe?).
Nei paesi dell’Est, dalla ex Yugoslavia sino alla Slovacchia, alla Repubblica Ceca e all’Ungheria la sua diffusione fu tale da farne per quantità e qualità il cane da ferma più presente in assoluto (primato oggi insidiato dal setter). Né altrimenti avvenne in tutto il mondo, dall’emisfero australe (in cui spopolano) sino a quel Nord America in cui, tra Canada ed USA, sino a non molto tempo fa venivano iscritti ben oltre 100.000 soggetti l’anno!
Le cose non andarono diversamente nel nostro Paese, dove il kurzhaar trovò una vera seconda patria in cui insidiarsi dominandone i territori rurali diversi e distinguendosi contro ogni tipologia di selvatico.
Se furono il suo eclettismo e la grande resa pratica a farlo prediligere dai cacciatori nostrani, fu certamente l’amore esclusivo tributatogli in primis dal Corteggiani – con l’affisso “della Goga”, e poi via via da innumerevoli altri – che ne sancirono anche il grande successo agonistico.
Quanti campioni da quegli anni lontani sono stati poi laureati dai nostri allevatori! E quanti i trionfi dei nostri kurzhaar nei fields internazionali e nelle campagne di tutta la Penisola!
Una storia di passione che il kurzhaar Club Italia e migliaia di allevatori, dresseurs e cacciatori continuano a scrivere giorno per giorno assieme ai loro magici cani in una terra che ha saputo adottarli quali figli suoi!
Facendo ora un passo indietro pongo una domanda: perché – nonostante il suo ottimo successo e le innegabili doti –destino simile non ebbe anche il drahthaar?
Risposta: per due semplici, ovvie ragioni. La prima di queste è da ricercarsi nella maggiore attitudine del kurzhaar a caratterizzarsi – nonostante la sua versatilità – quale cane da ferma purissimo.
Prerogativa questa che non è mai stata individuata quale esclusiva dallo jager per definire il suo cane da caccia; la cui valentia ha da provarsi anche su altri parametri completamente alieni al cacciatore italiano (traccia su sangue, difesa abitativa e personale, etc.) e di cui il drahthaar ne è perfetta incarnazione (magari proprio a scapito della solidità di ferma!).
La seconda derivante proprio da quel suo caratteristico pelo, che pur proteggendolo dal freddo e dall’umidità, tuttavia ne mina la resistenza a climi troppi caldi e soleggiati. Verità? Pregiudizi? …Chissà.
Vero è che oggi – pur essendoci Club della razza in tutto il mondo, con miglia e miglia d’appassionati e soggetti dal valore ineccepibile – la diffusione mondiale del drahthaar non è proporzionale a quella che il “fil di ferro” ha nel proprio paese d’origine.
Fatto questo che lo caratterizza senza tema di smentita quale un cane tedesco, fatto dai tedeschi per i tedeschi e per tutti coloro che di un modo tutto “teutonico” di concepire l’attività venatoria si dichiarano seguaci.
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