In un manuale di caccia anglosassone dei primi del secolo scorso, mi è capitato di vedere uno schema, con tanto di commento esplicativo, che rende bene l’idea di quella che poteva essere la concezione venatoria ideale – e ribadisco, ideale – degli inglesi in materia di cinofilia venatoria.
Vi son raffigurati due cacciatori che procedono affiancati in una campagna piana e regolare, dinnanzi a loro – con continui lacets – pointers scorrazzano senza soluzione di continuità; al fianco trotterellano due spaniels (penso springer), dietro avanzano al guinzaglio di due boys altrettanti retrievers.
Il tutto all’insegna di un motto: massima specializzazione! I pointers dovevano trovare e fermare la selvaggina in attesa dei cacciatori; di lì in poi la partita passava agli springers che l’avrebbero fatta alzare; ed il gioco si sarebbe poi concluso – dopo il tiro – con il riporto dei retrievers (pointers sempre immobili).
Pazzesco, vero!?! Fatto sta che per molto tempo quei lavori che ormai noi tutti richiediamo indistintamente sia dai fermatori inglesi che dai continentali, poco o punto interessarono lo sportsman; che anzi, voleva dal cane da ferma una sola cosa: che trovasse e fermasse a tempo indeterminato la selvaggina.
Fu per questo che nel gergo venatorio anglosassone venne coniata una sigla capace da sola d’identificare i cani da ferma che non lo erano, da quelli tipicamente inglesi. Causa ne fu certamente l’avvento concorrenziale dei tedeschi moderni. HPR vennero detti, indicando con ciò quell’ampio spettro d’utilizzo potenziale che ne avrebbe consentito il successo. A proposito, HPR sta per: cani Hunt, Point & Retrievers. Ossia cerca, ferma e riporto!