Ogni terra ha le sue genti ed i suoi cani. Nella voce del segugio maremmano si riconosce l’eco di una terra selvaggia, da sempre teatro di storie che si avvicinano a leggende di caccia e cacciatori che in questi luoghi hanno tramandato la memoria di quest’arte antica.
“Un segugio così non poteva non nascere in un lembo di terra selvaggia fra la Toscana e la capitale, immersa nella macchia mediterranea, bagnata dal Tirreno e con colline ripide tanto da sembrar contrafforti di montagna. Perché era la terra dei briganti e della malaria, della povertà e dei bracconieri per fame, ma anche la patria di uomini grandi e d’altri tempi…” descritti con parole immortali da autori come Fucini e Cassola, Luigi Ugolini ed Eugenio Niccolini.
Qui un cane non poteva che essere inventato dai luoghi e dai selvatici e a questo contribuì il suo grande avversario, il cinghiale; protagonista con lui di duelli epici dove la fucilata del cacciatore non sempre giungeva in tempo a dichiarare la vittoria dell’uomo e del suo ausiliare sul re della macchia.
Questo era il cane degli uomini di maremma e nell'attualità conserva ancora oggi tutte le sue doti di compagno fedele e coraggioso fino alla temerarietà, accostatore intrepido e sbrigativo, abbaiatore sicuro a fermo, inseguitore tenace fin dove i rovi paiono innalzare un'intricata barriera a difesa dei cinghiali.
Cane da seguita specializzato per la caccia al cinghiale. Dotato di grande passione per la caccia e forte temperamento, Il segugio maremmano ha una voce tipicamente italiana, squillante e piacevole, ben differenziata nelle varie fasi della cacciata, sicuro e veloce accostatore, ottimo abbaiatore a fermo, sicuro ma prudente allo stesso tempo; inseguitore tenace.
Caccia bene sia da solo che in muta. Un cane semplice nella sua morfologia, dall’aspetto gradevolmente rustico, dai movimenti rapidi, mesomorfo con tronco nel rettangolo, testa con cranio abbastanza largo; assi longitudinali superiori cranio – facciali leggermente divergenti, orecchio attaccato alto, occhio espressivo e fiero, bulbo con iride scura ed espressione attenta ed intelligente.
Per merito della passione di cacciatori allevatori, questa nuova razza canina che ha incontrato non poche difficoltà nel cammino per il suo riconoscimento, conta oggi molti estimatori in tutto il territorio nazionale e non solo. Le antiche mute impiegate nella caccia al cinghiale erano molto eterogenee, i cani che venivano selezionati per farne parte dovevano distinguersi per resistenza, buon fiuto, coraggio e tenacia. Queste doti venivano quindi riscontrate in cani di razze diverse che andavano dai segugi ai mastini, passando per i meticci. Dall’ unione delle singole peculiarità di questi cani nacque il segugio maremmano con l’intento di poterle sviluppare con il giusto equilibrio, tutte in un unico cane da caccia.
Il segugio maremmano è quindi il risultato di una selezione basata esclusivamente su qualità venatorie e non propriamente estetiche, pur essendo oggi un cane dalla morfologia piuttosto semplice ma assolutamente piacevole. Inizialmente i cani utilizzati dai cacciatori di Maremma erano soprattutto fulvi, sia a pelo raso che forte, poi dagli innesti di segugi provenienti da altri paesi provenne la variante striata.
Pigmento in passato denigrato per il troppo mimetismo con il fitto del bosco dove i cani diventano poco identificabili; i segugi tigrati vennero col tempo sempre più apprezzati in quanto riconoscibili esemplari tipici di questa razza.
Per quanto riguarda le sue doti venatorie nelle varie fasi di lavoro che la caccia al cinghiale prevede, durante la sua evoluzione il segugio maremmano ha subito continue evoluzioni ed incroci, in ragione delle caratteristiche di lavoro delle varie correnti di sangue.
A soggetti particolarmente abili nell’abbaio a fermo ma poco propensi alla passata, sono stati affiancati cani passatori ed ottimi scagnatori al pascolo, fino ad ottenere dei segugi completi come noi oggi li conosciamo; cani che al di là delle differenti tipologie di manto, fulvi o tigrati, riescono a dare il meglio nella caccia al cinghiale. La caratteristica principale ed inconfondibile è soprattutto il metodo e l’attitudine all’abbaio a fermo, che consente spesso ai cacciatori di raggiungere l’ausiliare in prossimità del cinghiale alla lestra per concludere nel modo migliore e più emozionante la corretta azione di caccia.
Il tiro ad un cinghiale messo in scacco dal nostro segugio che ci aspetta per concludere insieme l’azione di caccia è un’emozione e una soddisfazione impareggiabile. In pochi attimi il duro lavoro e la passione di tutta la squadra dovranno venire ripagati dalla freddezza e dalla precisione di un tiro sicuro, solitamente a distanza ravvicinata ma nel mezzo della vegetazione più fitta ed intricata scelta dal cinghiale come sua ultima roccaforte.
Attimi in cui la complicità cane - cacciatore diventa assoluta e l’uomo tra fatica e adrenalina ritrova nello sguardo acceso del suo compagno al proprio fianco, tutto il senso di questa passione comune piena di senso e priva di parole che forse soltanto con i nostri cani è pienamente condivisibile.