Caccia al cinghiale: il segugio Ariegeois, come e perché

Un freddo mattino di dicembre e una canizza che incalza decisa e costante fra i boschi del Reatino ben udibile dalla collina su cui mi trovo. Chiedo informazioni sui cani e gli organizzatori della battuta mi dicono di aspettare la fine della braccata per incontrare Vincenzo Spaccapeli, l’ultimo ad uscire dalla macchia con la sua muta al seguito. Una conoscenza iniziata nel bosco, diventata poi un’amicizia animata da uno stesso modo di vivere la passione per la caccia e la cinofilia seppur in contesti diversi. Completamente perso al seguito dei cani da ferma io; canaio esperto e giudice Fidasc lui, innamorato dei suoi segugi Ariegeois dei quali gli chiedo di parlarmi. Vedendoli cacciare la prima impressione è stata quella di un’armoniosa sintesi di eleganza e tenacia, avidità e coraggio, necessari per affrontare l’intrico della macchia e i cinghiali che la abitano. C’è molto di più però, un rapporto particolare con il conduttore che solo lui può raccontarci. Pertanto cediamo a Vincenzo la parola.

Vincenzo, la voce dei tuoi Ariegeois ha preceduto il nostro incontro, come mai hai scelto questa tipologia di segugi per la caccia al cinghiale?  Descrivici le qualità e gli eventuali difetti da conoscere e ricordare

Caccia al cinghiale: il segugio Ariegeois, come e perché
Inserire gradualmente un cucciolone alla volta all'interno della muta, porta all'addestramento di un gruppo consolidato e sicuro a caccia. 

Ciao Fabio, che piacere incontrati. Mi auguro ti sia divertito, dopotutto è per questo che si sceglie una razza come questa per il piacere e l’emozione che destano nelle fasi di lavoro e nelle azioni più intense della caccia. L’ariegeois è un cane che richiede molta connessione con il conduttore, ti fa sentire parte integrante della muta a differenza di altre razze molto più autonome. È un segugio elegante, con un fiuto eccezionale, la voce è quella degli “hurleur” francesi, voci che scuotono la macchia e il cuore. A me piace stare molto a contatto con i segugi durante le azioni di caccia, fin quando si riesce ovviamente, seguirne le fasi, apprezzare e valutare la cerca, il rilevamento dell’usta, la meticolosità dell’accostamento, la forza di muta nell’abbaio a fermo e poi le seguite compatte, rapide e forsennate che non lasciano spazio ai vuoti. È un’armoniosità realizzata con toni diversi, modulazioni che variano da soggetto a soggetto, sono azioni orchestrali, sia dal punto di vista sonoro che da quello operativo. È una razza che adora cacciare in muta, i soggetti si cercano, cani che non appartengono agli stessi canili si aggregano e collaborano come se si conoscessero da sempre. È un cane molto delicato, alcune aree della macchia mediterranea spesso richiederebbero l’ausilio di voci cosi incalzanti per mettere i cinghiali in fuga da bastioni inattaccabili, ma i cani tornano “affettati” da pruni e spini, non hanno certo la scorza dei vandeani né la struttura dei maremmani. Questo forse è uno dei pochi difetti di questa razza. Lo spirito di muta di cui ti parlavo è una delle eccellenze dell’ariegeois, non ha rivali su questo aspetto, di contro è più raro trovare soggetti che si esprimano bene da soli, o meglio, è raro trovare soggetti che preferiscano lavorare da soli, se c’è un alleato nei dintorni si attirano come calamite.

Sappiamo che questi segugi vennero selezionati inizialmente per la caccia alla lepre, poi impiegati con successo  nella caccia al cinghiale, tu quale tipologia di ambienti e selvatici prediligi con gli Ariegeois?

Cinghiale
Il fisico elegante ma delicato può rappresentare in alcuni ambienti impenetrabili un limite per l'Ariegeois che compensa però con il coraggio e con la sicurezza che dimostra a contatto con l'usta del selvatico.

È vero, è un cane che nasce per la lepre, come buona parte dei segugi francesi, ma trova applicazioni incredibili sul cinghiale proprio per le sue doti di accostatore e seguitatore. Io li utilizzo, o preferirei dire, collaboro con loro, nella caccia al cinghiale. Le condizioni ambientali ideali sono boschi molto estesi, questa razza da il meglio di sé quando gli spazi cominciano ad estendersi anche per chilometri. È un cane molto intelligente ed è splendido vedere con quanta verve risolve i falli e ricuce anche le azioni di disturbo più audaci del cinghiale. In alcuni soggetti, particolarmente eccelsi nella fase di accostamento, vedi esprimere un talento unico, una vocalizzazione poetica e spesso meditativa, quando posano il tartufo su ogni foglia, ogni ramoscello, ogni piccola scanalatura lasciata dal piede del cinghiale nel fango. Ispezione, elaborazione e vocalizzazione. L’arrivo alla lestra è un’azione che non lascia mai dubbi. L’ariegeois è un cane sincero, non emette suoni “a vuoto”, se senti la sua voce è perché c’è sempre un’usta che lo ha particolarmente interessato.

Quali consigli daresti ad un giovane cacciatore che vorrebbe comporre la propria muta di segugi, quali sono gli aspetti fondamentali da non trascurare durante l’addestramento?

È un cane come dicevamo molto collegato, si affeziona tantissimo al suo conduttore, caccia per lui. È una razza facile da addestrare ma anche facile da compromettere se si fanno errori grossolani. La prima parte del lavoro va fatto su se stessi. Bisogna chiedersi cosa si vuole dalla razza che si sceglie per la caccia. Perché vuoi andare a caccia con i cani? L’ariegeois richiede tempo, cura, costanza, spesso soggetti molto tardivi si dimostrano grandi campioni ben più tardi della perdita della pazienza dei loro padroni. Una condizione che riguarda tutte le razze. I tempi ci spingono sempre più verso il “tutto e subito” e non sempre sappiamo pesare se quello che manca al successo delle nostre scelte dipende più da noi o dai nostri cani. Se manca nel canile un capomuta e i soggetti sono giovani, dobbiamo comprendere che il ruolo spetta a noi, sta a noi guidare i cani per la macchia, portarli in cerca. Ci vuole gamba, fiato e altra pazienza, fin quando uno dei soggetti giovani emerge e prende le redini del branco. 

Caccia al cinghiale: il segugio Ariegeois, come e perché
Parlando di cinghiale è importante parlare anche del corretto comportamento della squadra, determinante nelle diverse fasi della caccia per non sciupare il duro lavoro svolto nell'addestramento dei cani

Se invece dobbiamo inserire cuccioloni nella muta consiglierei di non portarne a caccia più di due, uno alla volta sarebbe perfetto. Il gioco spesso prevale sulle azioni di caccia e si perdono giornate a vedere 4 o 5 cucciolotti che gironzolano per la macchia piuttosto che interessarsi alla seguita degli adulti. Altro elemento è l’età a cui il cane deve cominciare l’addestramento. Molti sostengono, in particolare per questa razza, che fino a 10 mesi o addirittura un anno non va mostrato nemmeno il coniglio, altri invece mettono i cani a lavoro da subito. Qualcuno crede che l’ariegeois si spaventi più facilmente del cinghiale rispetto ad altre razze, per questo aspetta che il cane diventi adulto, in realtà non c’è differenza nelle reazioni dei soggetti, c’è sicuramente differenza nella selezione, in quello che chiamiamo volgarmente “il sangue”, ovvero: la predisposizione genetica di una geneaologia di mostrare il carattere necessario per affrontare un selvatico temibile come il cinghiale. Alcune razze storicamente selezionate per questo animale hanno meno “scarto”, perché la selezione è stata più lunga e ampia, l’ariegeois come detto nasce per la lepre, quindi è più probabile trovare linee di sangue con un carattere più incline ad animali “dolci” o meno aggressivi. Resta il fatto che in Francia l’addestramento (ad esempio per i cani della Grand Venerie) comincia a 2 mesi. Io sono d’accordo, il cane, appena ha voglia e gamba per seguire il conduttore, circa a 3 mesi e mezzo o 4, è bene che prenda confidenza con il bosco, gli odori, i rumori, le difficoltà come fossati, rovi, ostacoli. Non ci si aspetta certo che a pochi mesi sia protagonista delle azioni di caccia, ma sicuramente crescerà nell’ambiente in cui sarà impegnato in futuro. Attenzione, le cose non succedono da sole. Anche in questo caso siamo noi a fare la differenza. Il soggetto giovanissimo va tutelato, protetto, tenuto lontano dai pericoli, vanno evitati colpi a freddo che potrebbero destabilizzarlo se ancora non riesce a connetterli con il premio della preda, va aspettato e poi va condotto vicino alla seguita. Uscire con i cuccioli al seguito vuol dire caricarsi di un impegno delicato e importantissimo, ma è un investimento che si fa sul futuro della propria muta. Riassumendo la domanda che mi hai fatto Fabio ribadisco: prima di avvicinarsi a questa razza bisogna conoscere bene se stessi, cosa si vuole, come si caccia, dove si caccia, quali aspettative abbiamo e cosa siamo pronti a fare per i nostri cani.

Come inizi alla caccia i tuoi giovani segugi per arrivare ad un corretto inserimento in muta?

Come dicevo porto i miei cuccioli a 3 mesi e mezzo in addestramento con gli adulti e addirittura a caccia. Appena riescono a tenere il collare satellitare al collo. La prima fase, anzi la primissima, è abituarlo agli spostamenti e al carrello o alla macchina. Se il cucciolo rigetta o sta male durante il viaggio non gradirà tornare volentieri in auto e spesso resterà un po’ frastornato sul terreno di prova. Arrivati a destinazione c’è la fase conoscitiva, quella in cui gli lasci odorare terreno, piante, uste di altri animali, e gli fai prendere confidenza con altri cani, le persone, i rumori. Condurlo a caccia, come già detto, è un impegno che richiede attenzione, protezione e tanta cura. Il cucciolo non va lasciato da solo, se non in certi momenti ben studiati per abituarlo a ritrovare il suo conduttore. Va tenuto lontano da azioni particolarmente cruente perché la curiosità potrebbe fare più male che bene. Ottimo sentire colpi di fucile alla giusta distanza, canizze che transitano nei dintorni, ma attenzione, spesso tra un colpo al cinghiale che vi transita davanti e la salvaguardia dell’equilibrio psicologico del cucciolo bisogna fare la scelta giusta. Per un trofeo si potrebbe rischiare di mettere in difficoltà il cane. Vero è che avremo sicuramente abituato i cuccioli a rumori del genere già dal canile, già durante l’allattamento, pertanto le eventuali paure, almeno per quanto ho potuto riscontrare, insorgono al di là dell’età del cucciolo, spesso anche in età adulta e non dipende da situazioni particolari, ma dal carattere del soggetto che prima o poi rigetta il cinghiale o lo sparo perché predisposto a questo tipo di impressione. Diverso è l’ambiente di caccia particolarmente rumoroso in cui un cane inesperto potrebbe trovare traumi o difficoltà anche al di là della sua predisposizione. Il contatto con il selvatico personalmente preferisco che avvenga “a naso” e non “a vista”. Portare un cane giovanissimo davanti a un animale selvatico non ha senso. L’abbaio non denota il profilo del campione, ma l’istinto del cane di abbaiare a un animale diverso da lui, tutto qui. Molto più interessante e gratificante vedere il momento preciso in cui la prima maturità del soggetto lo spinge spontaneamente a seguire gli adulti, in un gioco di istinto, curiosità e imitazione. L’usta del cinghiale fa il resto e pian piano si fissa nel cane la buona associazione tra azione di caccia e selvatico cacciato. Tra i soggetti che alleveremo ci saranno poi quelli che manifesteranno attitudini naturali all’accostamento, altri più sicuri sul fermo, altri parchi di voce ma eccezionali seguitatori, sono condizioni consuete in una muta specialmente. È vero, tutti i cani dovrebbero essere completi in tutte le fasi, ma credo che una muta sia più l’espressione di soggetti che si completano a vicenda e che si aggregano per la necessità di trovare l’uno nell’altro l’eccellenza. Il completamento del gruppo crea la condizione necessaria per definirlo muta, altrimenti sarebbe un gruppo di 6 cani molto forti senza un ruolo definito tra loro.

Parlando di braccata al cinghiale e del rapporto cane/ cacciatore,  qual è secondo te il modo corretto di condurre la muta, di disporsi quindi durante una battuta evitando rischi per i cani, gli elementi da tenere in considerazione anche per avere maggiori chance di successo nello scovo del selvatico e nel suo indirizzo verso le poste?

Caccia al cinghiale: il segugio Ariegeois, come e perché
Il segugio Ariegeois esprime al meglio le sue qualità cacciando in muta.

La braccata è la forma di caccia più bella, coinvolgente ed emozionante che conosca. La sicurezza del cane deve essere posta alla stregua di quella per le persone. Se abbiamo un atteggiamento superficiale nello sparo al cinghiale con i cani addosso alla preda, saremo superficiali anche in condizioni di scarsa visibilità o di tiri “all’infrasco”, l’attenzione e la sicurezza devono essere in cima alle nostre azioni. La muta va liberata e portata in cerca. Sempre più spesso liberiamo i cani a ridosso delle rimesse, questo vizia i cani e li porta a rinunciare a fasi molto importanti della caccia. Il timore di incappare in selvatici indesiderati è tanto, quindi cerchiamo di evitarli, purtroppo però danneggiamo il lavoro delle razze e perdiamo la bellezza di questi momenti del lavoro. Il rischio c’è, non tutti i cani sono corretti o rinunciano alla seguita di un capriolo dopo qualche centinaio di metri tornado diligentemente dal conduttore, ma è un lavoro che dobbiamo imparare a fare ed essere sempre vicino ai cani per aiutarli a capire è una condizione necessaria. Essere con i cani nella macchia è come vivere in un’altra dimensione, è ancestrale, magnifico. Non si tratta di sedersi da una parte e ascoltare quello che fanno i segugi, significa prendere parte attiva all’azione, essere parte della muta, almeno a me piace cosi, condividere difficoltà e fatica. Anche perché puoi farlo nelle prime fasi della battuta, dopo di che passate, tracce e seguite trascineranno i segugi lontano e a noi resterà il ruolo di orientare le canizze verso le poste. Una prerogativa della braccata è l’abitudine di sparare colpi in quantità per spingere i cinghiali verso le poste. Non sono assolutamente d’accordo per una serie di motivi Fabio che vorrei cogliere l’occasione di descriverti. In molti casi ci sono soggetti giovani nelle mute e l’esasperazione degli spari potrebbe confonderli se non addirittura infastidirli, come abbiamo già detto più sopra. Ci illudiamo che il rumore possa indurre il cinghiale alla fuga. 

Tutti gli animali braccati si mettono in fuga, è un istinto, ma non è il rumore a spaventarli, che invece li pone solo in una condizione di guardia e difesa massima, ma la presenza e l’odore dell’uomo in avvicinamento che spinge il cinghiale a lasciare la lestra o cambiare rotta. Lo vediamo quando alcuni selvatici si barricano nei roveti e non c’è cannonata che li smuova, a volta basta entrare con lo scarpone tra i rovi per sentirli saltare via, o quando non basta il nostro massimo silenzio perché il cinghiale ci ha già percepiti da 50 metri e ha già cambiato rotta. Il cinghiale è noto per avere un olfatto straordinario e un udito eccezionale, quando ci rechiamo alle poste ci sono le consuete raccomandazioni di non emettere nemmeno un respiro per non farsi sentire dai cinghiali già a 200 metri. Se il cinghiale ci sente cosi bene a questa distanza che bisogno c’è di fare guerre nella macchia? Basta la voce del canaio a fare meglio di quanto non possano arrivare a fare petardi, scacciarelle e fuochi d’artificio. Il frastuono rende la braccata molto invasiva sul territorio e negli ultimi tempi non è un aspetto gradito all’opinione pubblica, pertanto un impatto più “sostenibile” e puntale sarebbe gradito. Da amante della natura mi chiedo quanti si fermino nella macchia a raccogliere i bossoli dei 50/100 colpi usati nel fitto del bosco per incalzare i cinghiali, questo aspetto è tempo che venga preso in seria considerazione, la caccia è una disciplina meravigliosa ma non può esimersi dall’evoluzione sociale e ambientale a cui tutti dobbiamo rapidamente attenerci. In ultima istanza c’è la regina di tutte le motivazioni. Caro Fabio, io mi alzo la mattina per andare a caccia, solo con l’obiettivo di sentire i cani che lavorano, che faticano, che sbagliano e che fanno cose eccezionali. Voglio godermi, anche a distanza, ogni attimo della seguita e non essere immerso in una giostra di schioppettate tirate senza senso con la convinzione che producano risultati migliori. Vado a caccia non vado in guerra. Lasciatemi ascoltare i cani, accompagniamo la seguita con incitamento e voce, con la pressione che la nostra presenza può dare al cinghiale, ci penseranno poi i segugi a condurre il cinghiale alle poste e godremo nel sentire un colpo secco della posta che premia questo lavoro meraviglioso delle mute e la posta che comunica: il cinghiale è abbattuto i cani sono tutti qui che lo mordono.

Grazie Vincenzo per la tua disponibilità e per aver condiviso parte della tua esperienza con noi.

Grazie a te Fabio, è sempre un piacere incontrare chi lavora e si dedica alla crescita di questo ambiente, lo rende sano, professionale, lungimirante. Io e i miei cani saremo sempre a disposizione della caccia e delle emozioni, non saremo sempre perfetti, ma sicuramente ce la metteremo sempre tutta.