John Farquharson fu un armaiolo di Blairgowrie, in Scozia, che nel 1872 brevettò un fucile monocolpo a blocco cadente. Non era il primo a cimentarsi con quella soluzione, in quanto Christian Sharps aveva ottenuto il suo brevetto nel 1848, peraltro destinato a cartucce con involucro in carta nitrata. Anche Alexander Henry si dedicò al fucile a blocco cadente, realizzando modifiche e miglioramenti all’azione di Sharps.
La cameratura d’elezione era il .450-3 1/4” BPE (Blackpowder Express). Le azioni Henry parteciparono anche alle selezioni per la sostituzione del fucile ad avancarica inglese, giungendo alla selezione finale, ma non furono adottate, mentre lo fu la canna che diede origine al mitico Martini-Henry. Dopo la morte di Alexander Henry, tuttavia, la ditta che recava il suo nome produsse e commercializzò il fucile P.D. (Public Domain) Farquharson.
Una buona parte delle prime azioni Farquharson fu costruita da Gibbs, a Bristol, ma anche Jeffery ed altri vi si dedicarono dopo la scadenza del brevetto. Una curiosità: il brevetto americano fu assegnato da Farquharson a George Gibbs, Thomas Pitt e William Metford.
Il nuovo fucile di Farquharson, a cane interno con armamento automatico all’apertura, fu subito oggetto di lusinghieri commenti. Jonathan Kirton lo descrive come “la più alta manifestazione dell’arte armiera britannica nei fucili a colpo singolo”. Il fucile partecipò fin dalla sua apparizione a innumerevoli gare di tiro, vincendole quasi tutte, ma la sua popolarità fu soprattutto estesa in Africa e in ambiente venatorio. Ecco come ne parla Pondoro Taylor, che ne ebbe uno in calibro .400/.350 Rigby “una splendida azione, una delle migliori mai progettate. Robusta, semplice, silenziosa e affidabile”.
L’unico problema intravisto da Taylor era nell’estrazione primaria. Diceva che se la camera di cartuccia fosse stata affetta da ruggine, il bossolo avrebbe potuto incollarsi alle pareti. Naturalmente, benché in Africa possa accadere di tutto in termini di manutenzione, se una camera di cartuccia arrugginisce vuol dire che c’è una grave trascuratezza da parte del proprietario.
Resta il fatto che il grande lancio del sistema Farquharson avvenne proprio in Africa, a opera di Selous, il leggendario cacciatore africano, che ne possedeva uno, costruitogli da Gibbs con rigatura Metford, camerato per il .450 BPE con palla da 365 grani. Anche le guide africane di Selous erano armate con fucili Farquharson.
Benché l’ultimo fucile Gibbs-Farquharson sia stato consegnato nel 1910, fucili con la sua azione sono stati costruiti nel tempo. La fama dell’arma, tuttavia, è molto superiore a quello che si potrebbe pensare vista la diffusione. La sagoma del Farquharson è quasi altrettanto nota di quella della Luger, ma la produzione totale di Gibbs non raggiunse le mille unità. Al giorno d’oggi si ritiene che nel mondo sopravvivano circa quattrocento fucili Gibbs-Farquharson, la metà dei quali ha probabilmente subito modificazioni di qualche genere.
La produzione del fucile, con le caratteristiche di finezza dell’originale di Gibbs, è attualmente ripresa da Concari. I calibri, fatta salva qualche “licenza poetica” che riguarda le cartucce Super Express di vom Hofe, sono tutti africani, con la tendenza a essere maggiori di quelli usati all’epoca. Vi sono, da Concari, barre già camerate per il .600 N.E., il .577 N.E. e il .475 n.2. D’altra parte, sempre lì abbiamo visto una scatola di 9,5 mm vom Hofe, per cui c’è da pensare che anche le licenze poetiche non si fermeranno a quanto già fatto. Va da sé che il fucile in 7x75R Super Express ha la canna ottagonale. Noblesse oblige e la tradizione mitteleuropea deve essere rispettata, pur nella linea indiscutibilmente inglese del Farquharson.
In compenso, è appena stato consegnato un fucile nel raffinato .375 Flanged Magnum, una munizione tanto ingiustamente incompresa quanto efficace.
Robusta ed elegante, inconfondibile all’aspetto, l’azione si manovra mediante una leva che si colloca sotto il guardamano e ne segue la linea.
Questa leva, imperniata all’estremità anteriore del blocco centrale dell’azione, davanti al guardamano, è ancorata a esso da un gancio a bilanciere, che pertanto può essere tolto di mezzo agendo sulla sua estremità opposta. Quest’ultima è sporgente dall’estremità della leva, per cui l’azionamento di quest’ultima e del gancio è contemporaneo.
L’abbassarsi della leva provoca lo scivolamento verso il basso del blocchetto otturatore che lascia scoperta l’imboccatura della camera di scoppio. Contemporaneamente il sistema arma il cane e aziona l’estrattore.
Il sistema di scatto può essere diretto o munito di stecher. Che è del tipo alla francese, però non è armato dall’avanzamento del grilletto bensì da un cursore posto nella posizione in cui, nei fucili basculanti, si trova la sicura. Con azionamento diretto il peso di scatto, per un calibro .500 Nitro, è nell’ordine dei 2,6 kg; con l’uso dello stecher è regolabile a piacere.
L’inconveniente intrinseco di quel tipo di scatto – non poter sapere se il cane e lo stecher sono armati – è in via di superamento, tanto che abbiamo visto un’azione, in stato avanzato di approntamento, che sarà munita di doppio indicatore di cane armato e di stecher armato.
La sicura, che blocca il cane, è attivata da una lunga leva posta sul lato destro dell’azione.
La posizione di sicura si ha quando la leva è in posizione verticale. In tal modo la sicura può essere tolta senza distogliere lo sguardo dalla linea di mira. Le due posizioni possono essere delimitate sia da una sede della leva incassata nell’azione con due spalle che l’arrestano, sia da una sorta di muretto intorno all’asse della leva stessa che ne delimita il movimento. Concari usa entrambi i sistemi, come si vede dalle foto.
Nel fucile in calibro .500 Nitro Express, il mirino tradizionale è posto dietro quello cosiddetto notturno, basculante, che serve per i tiri all’imbrunire.
È una tradizione delle armi per caccia africana, che si abbina alla tacca di mira a fogliette e che dà una combinazione sempre sufficientemente precisa, considerato che le distanze di tiro sono simili, per certi calibri, a quelle dell’express. Si misurano in passi, piuttosto che in metri. E i passi non sono mai molti. Il mirino è collocato su un elemento di forma complessa, integrale con la porzione anteriore della bindella sopraelevata, calzato sulla canna. Ovviamente il mirino può essere ricavato dal pieno della barra della canna, integrale alla bindella. Su calibri più tesi è prevista l’installazione dell’ottica, con una soluzione antipolvere deliziosa. Nel senso che sia le cavità anteriori sia quelle posteriori per l’attacco a piede di porco della scina sono protette da coperchietti mobili, ruotanti in senso longitudinale intorno a un perno e quindi non perdibili. È la prima volta, per quanto ci consta, che una simile soluzione è applicata a un’arma.
La canna è rigata per brocciatura, con righe a spigoli netti che si scostano dalla rigatura Metford per assumere un profilo più moderno, adeguato alla mantellatura della palla e alle palle “solid”. Non dobbiamo dimenticarci che, per quanto tradizionale, il profilo Metford fu ideato quando l’unico propellente disponibile era la polvere nera.
Un fucile fine è un compendio di raffinatezza meccanica, alla quale si aggiungono dettagli preziosi e studiatissimi. Ad esempio, le magliette per la cinghia che hanno un limitato grado di libertà e non possono toccare il legno, segnandone la finitura. O la coccia in acciaio, incisa. O, ancora, il gancio che trattiene la leva, con una studiata rigatura di presa che non scivola ma non irrita la pelle. Possiamo aggiungere gli attacchi per cinghia a scomparsa, realizzati sul .375 Flanged su richiesta del cliente, così come l’attacco del tirante del calcio invisibile perché protetto da uno sportello.
Non manca l’azione in titanio, superleggera ma in grado di reggere anche calibri potentissimi. Così come non manca il puntalino dell’astina rimesso in osso e colorato in nero.
Va da sé che con questa lunga serie di possibili varianti e raffinatezze è difficile stabilire a priori il prezzo di un simile fucile. Ma esso si colloca, più o meno, intorno ai 10.000 euro, con evidenti supplementi dovuti all’incisione o a richieste particolari. Se pensiamo a quanto viene richiesto per certe azioni microfuse, va detto che in rapporto alla qualità questo Farquharson è decisamente economico.
Scheda Tecnica
Costruttore: Armeria Concari
Modello: 04 Farquharson
Tipo: fucile monocolpo a canna rigata
Canna: tonda con mire dal pieno
Lunghezza canna: a richiesta del cliente
Scatto: diretto o stecher
Chiusura: a blocco cadente
Sistema di ripetizione: a caricamento successivo e singolo a leva
Percussione: indiretta
Estrattore: semplice a leva
Mire: tacca con tre foglie abbattibili 50-75-100 m. Variazioni a richiesta
Sicura: laterale con intercettazione del cane
Legni: noce selezionato turco
Calcio: diritto con guancia tipo Holland & Holland
Impugnatura: a pistola
Astina: con puntale tondo - con riporto in osso nero
Peso: per il .500 Nitro, 4,85 kg.