Non ci si chiama Browning per caso. Quando si porta quel nome, qualunque nuovo prodotto deve essere studiato con cura e immesso sul mercato solo quando la qualità sia assolutamente garantita. Può capitare di presentarsi al mercato in anticipo sui tempi, come avvenne per la carabina Acera, ma il prodotto deve essere ineccepibile esattamente come avvenne in quell’occasione. Occorreva quindi concentrarsi sul nuovo fucile, partendo dalle considerazioni di carattere più generale.
Il problema dei fucili straight-pull ad azione solo lineare dell’otturatore, è che essi possono essere inutilmente complicati, non del tutto affidabili e non sempre così veloci come si vorrebbe. È per questo che Browning, per realizzare un fucile straight-pull ha riflettuto a lungo. E ha scoperto che la soluzione ai problemi di affidabilità e semplicità ce l’aveva in casa. Bastava ricorrere alla meccanica BAR, con le necessarie minime modifiche, per avere un’affidabilità testimoniata da oltre un milione di fucili diffusi nel mondo, il tutto realizzato con una robustezza collaudatissima e senza immotivate complicazioni.
Per modificare un BAR in straight-pull è stato sufficiente far agire la manetta di armamento sul portaotturatore, modificarne la forma per migliorarne la manovrabilità ed eliminare sia la molla di recupero sia la presa di gas, entrambi componenti che in molte armi – anche se non in casa Browning – possono essere critici. Tutto qui? Non esattamente e non solo, perché a Herstal conoscono i problemi del cacciatore e in particolare quelli del cacciatore in braccata al cinghiale, o in simili forme di caccia.
Occorre ripetere il colpo molto in fretta, specialmente se quello scovato dai bracchieri è un piccolo branco di cinghiali, che corrono veloci e appaiono per pochi attimi; anche il dover riportare a riposo la manetta dell’otturatore richiede tempo e può far deviare l’arma dalla linea di mira, che invece dovrebbe essere mantenuta. Ci vorrebbe proprio un semiautomatico, ma quando non c’è si può imitarlo per quanto possibile. Ed ecco l’idea: Lo straight-pull vale solo per la corsa retrograda dell’otturatore. Il ritorno in batteria avviane semplicemente lasciando andare la manetta d’armamento. L’intera corsa dell’otturatore avviene all’interno del castello dell’arma e questo è un motivo di tranquillità.
Non è detto, infatti, che i Paesi in cui non è consentito l’uso del semiautomatico siano tra i più avanzati. Inoltre le cartucce si producono ovunque; anche al Khyber Pass in Pakistan, un luogo in cui le munizioni si caricano a mano ad una ad una e una pressa è considerata un attrezzo esoterico, troppo avanzato perché sia possibile farne uso. Un innesco, in certe condizioni, si può perforare. È chiaro che in quel caso il tiratore è molto più garantito da una carcassa chiusa posteriormente, che impedisce che gas roventi gli si avvicinino agli occhi.
La carabina giunge smontata, nel senso che il calcio è separato dal resto dell’arma. Il montaggio è rapidissimo ed è questione di secondi, perché le due parti sono unite da una sola vite Allen, che può essere allentata o stretta con l’uso di un utensile fornito in dotazione. La vite Allen è prigioniera e non può essere persa. Non è invece prigioniera la vite Torx T25, la cui chiave non è fornita in dotazione, che unisce l’astina all’arma. Poco male, perché l’astina, se proprio si deve, si smonta a casa e non sul campo.
Esternamente, si notano pochi comandi; in pratica solo la manetta di azionamento dell’otturatore, lo sgancio del caricatore, la sicura che è costituita dalla posizione arretrata del cursore che arma il sistema di scatto e il grilletto. Il sistema di scatto resta armato dopo il primo colpo: azionando la manetta dell’otturatore è poi sufficiente tirare il grilletto. L’armamento ed il disarmo del sistema di scatto sono caratterizzati da un sonoro click, che sembra contrastare con la possibilità di accompagnare silenziosamente l’otturatore in chiusura anziché lasciarlo avanzare sotto l’azione della molla; però ho trovato un movimento del pollice che consente l’azionamento silenzioso.
Non è intuitivo, ma si apprende in un paio di minuti. Le mire sono costituite da una tacca di tipo Battue su rampa, contrassegnata da due luminosi punti versi in fibra ottica, e da un mirini in fibra ottica rossa regolabile per approssimazioni successine in altezza e deriva. Lo spostamento azimutale non è a click, ma alcuni riferimenti bianchi aiutano a trovare la posizione corretta. Peraltro una carabina di questo tipo ha come mire d’elezione un cannocchiale a basso ingrandimento o un punto rosso, , per cui la regolazione sul mirino appare quasi pleonastica. Sulla rampa della mira posteriore, una linea bianca guida l’occhio ai due punti verdi. E che Dio maledica per sempre la deplorevole abitudine di Browning di incollare le viti, per cui la rampa è assolutamente inamovibile, a meno di rovinarla scaldandola.
È in alluminio, ma la linea bianca cuocerebbe e dovrebbe essere ripristinata. Questo vuol dire che le ottiche con lente frontale da 56 millimetri non si possono usare, perché vanno a contatto con la rampa, e occorre spessorare la scina. Il che vuol dire che la collimazione deve essere rifatta. Poco male se occorre arrabattarsi per fissare le ottiche da 56mm su una carabina di questo tipo, in cui i forti ingrandimenti non sono auspicabili per il tipo di caccia alla quale l’arma si rivolge, ma se le viti non fossero irreversibilmente fissate con mortale accanimento sarebbe meglio.
Il funzionamento si avvale, come si è detto, della soluzione Bar con testina dell’otturatore a sette tenoni. L’arretramento iniziale del portaotturatore, provocato dall’azione sulla manetta, fa ruotare la testina che si svincola e consente il viaggio retrogrado di otturatore e portaotturatore. La differenza sta nel fatto che nel sottocanna c’è una coppia di molle a spirale (sì, non elicoidali: proprio a spirale, come quella dell’orologio o quelle del Nikonov) a resistenza costante che svolgendosi con l’arretramento del complesso di otturazione tenderà subito dopo a riavvolgersi su se stessa, trascinando il sistema di chiusura in avanti. Quando la testina dell’otturatore va in battura, la camma ricavata nel portaotturatore ne determina la rotazione, realizzando la chiusura geometrica.
Le molle sono due bandelle in acciaio elastico arrotolate in due rocchetti; il costruttore le garantisce per 5000 cicli ma le prove fatte in azienda si sono svolte, su numerosi esemplari, su oltre 6000 cicli senza segni di cedimento. In effetti, nessuno sa quale sia il limite massimo di durata e si conosce solo il minimo garantito. Resta da dire che se le molle si rompessero non solo potrebbero essere sostituite senza difficoltà alcuna, ma l’arma funzionerebbe benissimo come un normale straight-pull.
La canna, scanalata longitudinalmente, è realizzata nel reparto Canonnérie di Herstal, lo stesso che realizza tutte le canne Browning, civili e militari. La foratura avviene con frese di testa in metallo duro montate su un albero elastico; il sistema consente una rettilineità di foratura decisamente maggiore rispetto alla tradizionale punta a cannone ed è anche duraturo, perché si forano fini a ottanta canne prima di riaffilare l’utensile. La soluzione è stata ideata da FN, ma ora è praticamente copiata bin tutto il mondo. La rigatura è realizzata per martellatura a freddo.
Non ho mai visto tanti boroscopi e strumenti di controllo come ad Herstal e questa attenzione maniacale alla qualità garantisce al cacciatore la tradizionale precisione Browning. Una precisione persino eccessiva se rapportata alla destinazione d’uso dell’arma; ma visto che si può averla non c’è motivo per accontentarsi di qualcosa in meno.
Il calcio è di noce grado 3 finito a olio, lo zigrino è a passo fine ed il calciolo Inflex II partecipa attivamente a una maggiore stabilità dell’arma, assorbendo buona parte del rinculo. La Maral della Browning è prevista con canna fluted di 560 mm in .308 Winchester, .30-06 e 9,3x62 e con canna di 580 mm in .300 Winchester magnum, bindella da battuta e mirino in fibra ottica, calciolo Inflex, magliette porta cinghia e valigetta Elite.