Diffusosi in maniera radicale quanto capillare il cinghiale ormai in tutt’Europa, era quasi logico che in breve anche le armi più adatte ad insidiarlo venissero ad essere interessate da analogo, grande radicamento tra il popolo delle foreste. Sulle prima infatti si fece con quel che si aveva in casa: il solito schioppo e su due o tre palle di quelle buone. E per un po’ andò bene così. Poi – via via che la passione cresceva, nascevano le squadre, si dividevano i ruoli e la specializzazione diveniva assoluta assieme alla conoscenza – ecco che di colpo il vecchio fucile generico cominciò a mostrare tutti i limiti intrinseci che gli son propri nei confronti di tipologie di tiro e cariche e balistica tutt’affatto speciali.
Era lì che si gettavano le basi per quel “bipolarismo” che ormai caratterizza i grandi cinghialai che cacciano in battuta: da un lato quelli che in stretta contiguità col mondo della selezione – o perché amanti della “potenza” –presero a giurare sull’assoluta necessità di una buona carabina rigata per il re della macchia, dall’altra coloro i quali forse perché più avvezzi al 12 (o 20), oppure perché magari cacciatori e molto già d’altra selvaggina tipica del “liscio”, si votarono all’uso d’uno “slug”! Orbene si chiederà il “profano” alla prima licenza, “ma che diamine è uno slug”?
Un fucile ad anima liscia specifico per tirare a palla. E allora dove sta la differenza col fucile del nonno? Anche quello tira a palla?! Sì, ma la questione è tutta lì, nell’“anche”. Dove infatti il fucile “normale” si rivela arma specificatamente fabbricata per tirare a pallini e dunque anche utilizzabile per tirare a palla con risultati aleatori; lì lo slug emerge e lo surclassa per il suo essere ab ovo fucile concepito per il tiro a palla, cui comunque, sulle brevi distanze, viene consentito con altrettanto aleatori risultati il tiro a munizione spezzata (massimo 20 metri). Diamone descrizione che poi così si capisce meglio…
Dicesi dunque slug(ger) un fucile semiautomatico o basculante dei due generi dalle canne decisamente corte, dal profilo cilindrico o raggiato e con organi di mira appositi: 1) la lunghezza dei tubi (50-55 cm) è così limitata per favorire il puntamento nel bosco e rendere più maneggevole l’intero attrezzo; 2) le volate sono generalmente Cyl. per non creare problemi a qual si voglia tipo di palle, vecchie sferiche comprese (ripeto, ve ne sono anche di raggiate); 3) gli organi di mira sono tali e necessari per ottimizzare la precisione di tiro e collimazione a varie distanze d’utilizzo. Una cosa differenzia infatti lo slug dal comune fucile a pallini: la resa balistica delle specifiche munizioni di riferimento. Vero com’è vero che laddove uno sciame di pallini cessa del tutto la sua efficacia, lì la palla si dimostra capace di lavorare egregiamente: e il tutto che avviene con una traiettoria sempre parabolica ma più tesa, che necessita d’organi di punteria adeguati per essere posta in condizione d’intercettare il bersaglio biologico di volta in volta a distanze differenti.
Tutto questo per dire che è naturale come il comune fucile difetti e non di poco nel tiro a palla, alle brevi come alle lunghe distanze: 1) se doppietta la convergenza orizzontale dei tubi è solitamente posta a 35 metri; in uno slug a 50! 2) se sovrapposto il problema è minore, ma non esente. 3) in tutti, semiauto compresi, è poi l’alzo che crea problemi non da poco, che nell’arma slug sono sempre corretti a monte da un diverso assetto, oltre che da organi di mira mobili in grado di tararlo su distanze diverse in base al luogo in cui ci si troverà a cacciare e dunque alla media di tiri che ci troveremo ad affrontare. Niente da dire infine: bindella e perlina (oppure cilindretto in fibra ottica) neppure per sbaglio possono competere con la precisione fornita dall’abbinata “foglia incavata-mirino a lamina su zoccolo” di tipo “carabinesco”, o rampe tipo battute e collimazioni in fibra ottica! E tanti ce ne sono poi oggi – specie di semiauto – con castelli prefresati in grado di alloggiare sistemi ottici ed elettronici di puntamento che incrementano ancor di più le potenzialità di queste armi.
Di che stiamo parlando? Senza tema di smentita: a 50 metri, un buono slug, ben tarato e camerato con ottime munizioni (e sempre quelle), in appoggio, mette in grado il tiratore d’ottenere rosate di 5-6 centimetri di diametro! A 80 di 8-9 o poco di più! “Scarti” naturali di ogive non stabilizzabili più di tanto ma dotate così d’una precisione tale quasi esagerata per la caccia al cinghiale…
E ora: una o due canne? Tecnicamente (ed economicamente) il dubbio non si pone: semaiuto! Con due lire si cambia tubo ed ecco un altro fucile… sempre con un colpo in più: il terzo!
“Rigatoni” al cinghiale
Uscite qualche anno fa come una novità assoluta – o meglio, recepite come tali dagli sprovveduti – le canne paradox e raggiate furono salutate con un notevole entusiasmo ricco di aspettative. Si trattava di canne lisce-leggermente rigate (mi si perdoni il bisticcio) o solo negli ultimi 15-20 cm di volata (paradox); oppure per tutta la loro lunghezza (raggiate o rifled). Scopo di tale ibridazione: fornire rosate disperse sparando spezzato e dar maggiore precisione a palle asciutte stabilizzandone tramite effetto giroscopico la traiettoria (come succede per le carabine). A parte il fatto che nuove non erano essendo che nacquero in India, per il medesimo scopo, in epoca coloniale; bisogna dire che quanto meno non sempre riuscirono e riescono tutt’ora a dare i risultati voluti, specie poi sparandoci a palla. Intendiamoci, non per limiti loro; che anzi, vanno bene e molto, specie le raggiate totali! Ma per il fatto – spesso sottaciuto – che richiedono munizioni adeguate (e solo quelle) perché il “giochetto” funzioni. Pena il disastro più completo. Perché? Semplice: la stragrande maggioranza delle palle comunemente in commercio sono già sagomate di loro – filettate e controfilettate – per dar maggior stabilità, deformazione etc. in canne lisce e strozzate, non certamente rigate. Ciò comporta un’assoluta disomogeneità di comportamento non solo da un tipo all’altro, ma persino da un colpo all’altro delle stesse munizioni (visto che ciascuna intercetta a modo suo la rigatura) il tutto a detrimento d’una qual si voglia logica e prevedibile resa balistica. Ne consegue che palle tipo Gualandi meglio reagiranno in canne tutte Cyl., mentre palle a campana tipo Foster et similia – o comunque di fattura “semplice” –saranno quelle più indicate ad essere sparate in canne raggiate. Loro sì, in tale abbinamento, capaci davvero sino ai 100 metri di competere per precisione ed efficacia con parecchie carabine!
Semiauto
Ormai ogni ditta ne produce con canne slug, di varia tipologia e rendimento. Facendo una classifica di prezzo, che si parta magari pure dall’usato o da quale rimanenza di magazzino, vediamo come la pole-position possa tranquillamente spettare a quello che fu il capostipite dei nuovi semiautomatici magnum ultraleggeri…
Fabarm Euro 3 slug-dox. Se riuscite a trovarne uno – usato oppure nuovo, come rimanenza – sappiate che può essere assemblato a poca spesa con una delle canne slug migliori mai prodotte: la slug dox appunto. Il tubo risulta di 62 cm e caratterizzato per tutta la sua lunghezza interna da una leggera rigatura a passo lunghissimo (pari a 5I”, cioè a m 1,30). Il diametro dell’anima di canna è mm 18,4, mentre quello della rigatura mm 18,2, con una profondità dunque davvero minima, ma capace di stabilizzare significativamente le palle adatte. Gli organi di mira poi sono registrabili e d’utilizzo istintivo, il tutto che si traduce in un magnum slug di appena tre chili o poco più, dal puntamento fulmineo. L’arma perfetta insomma per l’uso rustico del canettiere-smacchiatore (…volendo dargli anche una destinazione d’uso).
Benelli Slug. La scelta è immensa: tutte le differenze di prezzo e di versioni dai modelli spartani quali l’M1 con calciatura polimerica, sino ad arrivare alle serie più prestigiose come Raffaello, Vinci, Confort etc. Poco da dire, forse per la contiguità con una terra – il Montefeltro – invasa come da poche da turbe di cinghiali e cinghialai, fatto sta che da subito, a Urbino, hanno capito l’aria che tirava, passando all’immediata realizzazione di canne slug e modelli appositi dall’efficacia strepitosa. Parecchie delle quali assai specialistiche e dotate di organi di mira regolabili nei due sensi, oltre ché di slitte per il montaggio d’organi di puntamento elettronico. L’affidabilità dell’inerziale sposata all’hig-tech; c’è solo l’imbarazzo della scelta anche se personalmente: così come per smacchiare mi piglierei senza indugi un bellicoso e rustico M1 o M3; altrettanto per le poste preferirei un Raffaello & C., magari dai bei legni di buona grana capaci di aumentarne di qualche cosa il peso dell’insieme, oppure con calciatura Comfort Tech, così da guadagnarne in stabilità di tiro e maggior facilità di doppiaggio dei colpi…
Beretta AL 391 Teknys Stonecoat Slug. Ultimo nato della grande famiglia AL 391 iniziata con il mitico Urika, si presentava come ulteriore passo avanti della medesima. Credo quello definitivo vista la qualità della proposta, che vede migliorato quel che sembrava già perfetto. La novità è tutta nella finitura ottenuta grazie ad un particolare procedimento chimico capace di rivestire tutte le parti metalliche – castello in primis – con una “pellicola” a base di nichel e cromo, sulla quale poi va ad insistere un ulteriore trattamento coprente a base di titanio e zirconio. Il risultato: una squisita finitura perlacea capace di rendere l’arma dura davvero come la roccia, e come quella inattaccabile da agenti ambientali o meccanici. Con canna slug – Beretta ne propone due, da 56 o 61 cm – è il non plus ultra del cacciatore di cinghiali affezionato al liscio. La più corta la vedrei meglio sul fucile che accompagna i cani, quella più lunga – caratterizzata dalla foglietta su breve bindellino da battuta e mirino protetto da tunnel – in mano al postarolo infallibile o… aspirante tale!
Basculanti
Non credo sia – o possa essere – volendo fare i tecnici, un basculante l’arma unica del cacciatore esclusivamente cinghialaio. Doppiette e sovrapposti slug dunque, li vedo piuttosto quali il fucile in più per andare ogni tanto anche al cinghiale, se invitati, magari con quel quid di classe in più… Di qui le mie proposte esclusivamente nice price:
Doppietta
Fausti Style Slug. Modello d’accesso dalla qualità eccelsa si presenta come ottimo parallelo fabbricato secondo tutte le esigenze e possibili configurazioni: la perfetta da cinghiale avrà tubi da 58 cm, canne una cilindrica e l’altra rigata (caricate con due diverse munizioni), bigrillo su calciatura a pistola e astina coda di castoro. Pesante se possibile. La foglietta abbattibile la rende utilizzabile anche per certe cacce col cane, aumentandone la versatilità…
Sovrapposto
B.R.Rizzini Aurum Slug. Bel sovrappostino dalla linea riuscita e originale. Quello addocchizzato per il cinghiale avrà canne da 62 cm entrambe cilindriche, organi di mira su corti bindellini larghi nove millimetri, monogrillo con selettore accoppiato ad una bella calciatura in noce scelto tipo montecarlo.
Dire che questi sono esempi completamente gratuiti e disinteressati, e che pure altre ditte hanno proposte analoghe e altrettanto valide mi sembra quasi inutile, ma tant’è… a buon intenditor poche parole!
Quattro passi nell’usato
È innegabile che il mercato dell’usato ha sempre avuto un certo traino ed interesse. Tuttavia occhio e gambe amici, che non sempre è tutto oro quel che luccica, senza dire poi che bisogna saper scegliere, sempre, specie poi in base alla tipologia di prodotto che stiamo cercando. Il ragazzo che cerchi in armeria il suo primo sovrapposto usato con un budget da 300 euro o poco più, se vi ravvisa qualche segno nella calciatura, due o tre punti in cui la brunitura è stinta, può star tranquillo come una pasqua e pagare il dovuto se l’insieme dell’arma è ancora robusto (chiusure e scatti) e le canne, dentro, presentano cromature a specchio (la calciatura, quella si adatta). Idem dicesi per un semiauto, per quale tuttavia, sempre bene è pretendere una prova di (chiamiamola così) “mini-endurance durante la quale lo valuteremo con cariche diverse. Anche qui, qualche ammaccatura, una riga sulla carcassa etc, non posso impensierirci se i meccanismi son buoni e la canne pure. Se gli stessi inconvenienti li troviamo invece in un’arma di pregio il discorso cambia del tutto; peggio ancora poi se alcune parti sono palesemente danneggiate oppure – orrore! –non originali. È infatti soprattutto nei confronti delle vecchie doppiette che bisogna stare molto attenti, sia che le si voglia acquistare come oggetti da collezione, sia che se ne voglia fare invece un uso più o meno intensivo a caccia. Nel primo caso avremmo preso una fregatura – cioè un danno patrimoniale – nel secondo può addirittura andarne di mezzo la salute…