Se una delle soddisfazioni che si traggono dal possedere un fucile fine è quella di accarezzarlo la sera, gustandone i dettagli, quella principale si ha portandolo a caccia.
Deve essere trattato con adeguata cura ‒ ma un calcio finito a olio con sistema tradizionale sopporta benissimo le intemperie ‒ però non possiamo dimenticare che in fin dei conti è stato realizzato proprio per essere portato sul terreno e impiegato nell’attività venatoria.
Non è solo un’opera di altissimo artigianato e talvolta d’arte; è qualcosa che senza la passione dei cacciatori non sarebbe mai nato.
Il Piotti che qui esaminiamo è un fucile che non appartiene alla serie dei fucili di lusso ma a quella dei fucili finissimi. La differenza può apparire sottile, ma è vertiginosa.
Il fucile finissimo può anche essere arma di lusso, ma non sempre, se il cliente è davvero esigente. Chi conosce il fucile può chiedere incisioni profuse o radiche lussuosissime, ma solo dopo aver verificato la precisione degli aggiustaggi e la cura delle parti meno visibili. Anzi, soprattutto di esse visto che per definizione, nel fucile fine, ciò che non si vede deve essere possibilmente migliore di ciò che è in vista. La parte inferiore della briglia, il lato della molla che sta contro la cartella, il lato nascosto dei cani, la parte incassata della codetta del guardamano, e così via. Il vero conoscitore compera un fucile, non un’incisione o una radica. Se il fucile non è di altissimo livello, tutto il resto non ha senso.
Il fucile fine, prima che un prodotto, è uno stato d’animo. Ed è come certe sostanze: dà assuefazione. Progressivamente, si aumentano le dosi. Dapprima si rifiuta il fucile industriale, per quanto il cliente davvero accorto sappia apprezzarlo per quello che è. Poi si incomincia a richiedere quel certo dettaglio raffinato e inconsueto, si cerca una nuova soluzione, ci si concentra sull’estetica di alcuni particolari.
Il grande costruttore sarà sempre disponibile, purché la sua esperienza gli assicuri che il risultato è convincente. Altrimenti, piuttosto che investire il suo nome su un prodotto che non lo convince, rifiuterà la commessa.
Tra i fucili creati per raffinate esigenze e difficili da costruire, nella stessa serie di cui fanno parte il sistema droplock di Westley Richards e la Round Action di Dickson, questo Monaco “Twelve-Twenty” occupa a pieno titolo uno dei posti d’onore. Evidentemente, qui abbiamo una moderna accezione del Twelve Twenty.
Non si tratta, nel nostro caso, di una riedizione del fucile di Lancaster in calibro 12 accreditato del rinculo di un calibro 20, bensì di un entusiasmante esercizio di archibugeria che porta ad avere un fucile in calibro 12 sull’aggraziata bascula di un calibro 20, oltre che di un difficile esercizio di progettazione meccanica che solo pochi possono affrontare. Vediamo perché.
La doppietta ha il perno sotto le canne e il chiavistello della duplice Purdey che è praticamente all’altezza del perno, sollevato di soli pochi millimetri. Questa caratteristica genera, allo sparo, una coppia rotatoria che non può essere eliminata, perché l’attrito del piombo che spinge in avanti le canne è contrastato dalla reazione dei tenoni. Azione e reazione sono su piani diversi, da cui la coppia che tende a far ruotare le canne sul perno, alla quale si oppone il chiavistello.
Va da sé che con una bascula del calibro 20 le dimensioni dei tenoni e del chiavistello si riducono in modo non proporzionale alla distanza tra i piani, quindi la coppia è proporzionalmente maggiore.
Ne consegue che tutti gli aggiustaggi del contatto tra le superfici e del tiraggio devono essere eseguiti con cura maniacale, per tener fede alla propria reputazione. Ecco perché questo fucile non è alla portata di qualunque costruttore. Quegli aggiustaggi maniacali, bisogna essere in grado di farli perché un fucile non è solo un problema banale di meccanica. Se lo fosse, certi prodotti industriali turchi, costruiti con le stesse macchine che ci sono a Gardone, non avrebbero mai avuto problemi. Il fucile richiede conoscenza approfondita, comprensione dei fenomeni e, naturalmente, capacità manuale per gli aggiustaggi di precisione.
Una superficie impeccabile è il risultato di un lungo lavoro, in cui ciascuna parte è perfettamente rifinita prima di verificarne l’aggiustaggio, e di nuovo perfettamente rifinita dopo ciascun ritocco. C’è un motivo per tutto ciò. Quando l’aggiustaggio è perfetto, la finitura delle superfici interessate asporta una piccolissima quantità di materiale. E questo non è concepibile.
Da queste considerazioni risulta che un fucile fine è ancora un affare dal punto di vista economico se si pensa alla quantità, e qualità del lavoro specializzatissimo necessario per ultimarlo. Tra l’altro, occorre ricordare che un fucile fine, anche se usato intensamente, durerà più a lungo di qualunque fucile industriale.
Quella che stiamo esaminando è una doppietta della serie Monaco, la più raffinata di casa Piotti, con batterie smontabili a mano.
Di essa la tradizionale e squisita cortesia dei Piotti ha consentito le viste di alcune parti smontate che forse resteranno ignote allo stesso proprietario dell’arma.
Smontare un fucile le cui viti hanno uno spacco largo tre decimi di millimetro, è operazione difficile che si fa solo quando è indispensabile oppure ‒ ma molti non accettano di farlo ‒ in un caso come questo, a dimostrazione che un fucile come questo può essere esibito con l’orgoglio di chi sa bene come abbia lavorato.
Il fucile è aggraziato, calciato con incassature di precisione realizzate a mano. Il Monaco “Twelve-Twenty” denuncia la sua origine senza infingimenti, a onta della teorica sproporzione tra canne e bascula. Teorica, perché tutto ciò che distingue a prima vista questo fucile da un normale calibro 12 è una sensazione di maggior eleganza, che solo a uno sguardo più attento fa marcare le differenze.
Le parti sono raccordate così armoniosamente che la vista laterale della bascula, a fucile montato, non denota incertezze di alcun genere e manifesta una linea filante davvero bella, naturale nella sua difficile scelta. Sembra che tutti i fucili in calibro 12 debbano essere così, con i seni di bascula ingranditi per adattarsi alle nuove canne, ma senza quasi che questo si noti. Le canne, noblesse oblige, hanno strozzature fisse, i tenoni vanno a contatto con la bascula su tutta la superficie e persino il chiavistello, nella sua estremità posteriore, è sagomato e lucidato.
Le viti che tengono la molla della sicura e quella dei grilletti, cioè due viti che potrebbero essere smontate e toccate con le mani, sono lucidate a specchio. Lo fanno a mano, a partire dalla sagomatura perfetta della testa realizzata a lima. A specchio è finito anche il tenoncino dell’astina, quasi a specchio è l’interno della batteria. Ma quel “quasi” è una scelta voluta. Qui si è preferito giocare tra parti lucidate normalmente e parti lucidate a specchio per creare un aspetto elegante, sottolineato dalla briglia messa a giorno e dalle teste delle viti finite al brunitoio e colorate in blu.
E pensare che molte delle parti così impeccabilmente finite sono nascoste. Quale cliente avrà mai l’occasione di vedere l’estremità posteriore del chiavistello?
Questo fucile è fatto a regola d’arte, secondo scienza e coscienza, come si diceva un tempo. Ed è costruito per durare. Con la normale e dovuta manutenzione, i nipoti dell’acquirente lo useranno ancora.
Scheda Tecnica
Costruttore: Piotti, via Cinelli 10/12, 25063 Gardone Valtrompia. Tel. 030 8912578
Modello: Monaco
Tipo: Fucile a canne giustapposte
Calibro: 12/70
Caratteristiche particolari: Twelve-Twenty
Strozzature: 2/10 – 4/10
Batterie: Sidelock tipo Holland & Holland, smontabili a mano
Scatto: Diretto bigrillo
Sicura: A cursore, blocca i grilletti
Mirino: A perla in oro
Lunghezza canne: A richiesta, 72 cm su questo esemplare
Calcio: In radica di noce
Peso: 2800 g su questo esemplare
Lunghezza totale: 109 cm
Prezzo: Da definire in base alle caratteristiche richieste