Ci sono cose che ti allargano il cuore. Almeno, quello dell’amatore di fucili fini. Quello del fucile fine è un esercizio complesso che unisce la passione per il bello a quella per la cura del dettaglio , per il lavoro ben fatto e per la ricerca della soluzione migliore in assoluto, senza badare al tempo necessario e al costo purché esso sia compatibile con il proprio mercato. Nell’epoca d’oro e per i grandi costruttori il problema del costo non esisteva nemmeno: si applicava la soluzione migliore e al termine del lavoro si tiravano le somme e si applicava il proprio ricarico. Oggi a poterlo fare sono rimasti in pochi e sono italiani: gli ex grandi nomi britannici lavorano secondo un budget e applicano imponenti ricarichi commisurati a un nome che ancora considerano non decaduto molto più che alla qualità del prodotto. Non dimentichiamo, tra quanto si richiede a certe realizzazioni, il gusto. È come il coraggio per don Abbondio, nel senso che chi non ce l’ha non se lo può dare e deve sperare che glie lo fornisca un cliente competente, accorto e informato. Ma senza gusto il bello non può esistere.
Piotti Fabio, una doppietta d'altri tempi
Ebbene, una delle cose che allargano il cuore a chi esamini (stavo per dire accarezzi) un finissimo fucile dell’epoca giusta, intendendo per questa la Belle Époque e quasi tutto il secondo lustro degli anni Trenta, è vedere che la finitura tartarugata che faceva da base all’Inglesina si è ammorbidita col tempo, così come accade ai colori dei tappeti persiani antichi che con il trascorrere degli anni si amalgamano e diventano più armoniosi. Ammorbidimento non casuale, per quanto attiene ai fucili, ma provocato ad arte.
La stessa cura era riservata ai piani, che nel laboratorio dell’armaiolo avevano finiture a specchio per apprezzare la planeità. Però, nella visione dell’armaiolo dal gusto sicuro, le superfici a specchio erano un po’ troppo vistose, quasi sguaiate. Si rimediava passando i piani speculari con cenere di legna mista ad olio, applicata con un tampone in legno di bosso, che non modificava i piani ma ne smorzava il riflesso troppo brillante. Lo stesso smorzamento si applicava alla finitura tartarugata, che già per essere tradizionalmente ricavata con osso di cavallo e non per via chimica risultava elegantemente sommessa. Cure d’altri tempi, quando anche la precisione doveva essere leggiadra. Ahimè, irrimediabilmente dismesse oggi quando, per parafrasare Flaiano, tra le affermazioni dei costruttori di massa sui loro Round Body sistema Anson e il sentire dell’amatore di fucili fini la linea più diretta è l’arabesco.
Peraltro quelle cure le ritrovo tal quale su questa doppietta dei fratelli Piotti, in cui le parti tartarugate sono rese grigie da una sapiente opera che ne ha estenuato il colore, conferendo la nobile patina del tempo.
La batteria droplock nasce per un puntiglio estetico: benché ai clienti di Westley Richards fossero piaciute la semplicità e la velocità di scatto delle batterie Anson & Deeley William Bishop, il “vescovo di Bond Street” che gestiva il negozio londinese, fece osservare che non era piaciuta l’esistenza delle due visibili spine passanti attraverso la bascula, che costituivano i perni del cane e del controcane. La soluzione fu una cartella interna per ciascuna batteria.
Comportò, come nel nostro caso, di ridurre lo spessore della molla e della stanghetta, perché nella stessa cava deve entrare anche la cartella interna. In piccola misura si assottigliano anche i quattro piloni longitudinali in cui le cave suddividono la bascula, ma come è stato dimostrato nel tempo non occorre avere sovrabbondanza di ferro, se si sa bene come disporlo.
Nelle soluzioni d’epoca i piloni avevano ancor meno spazio, perché sulla cartella interna c’era un rasamento, costituito da un punto di maggior spessore aggiustato pazientemente per giungere all’accoppiamento perfetto della cartella interna con la sua cava senza sforzi e senza giochi. Era un rasamento che oggi non è più necessario perché le cave nella bascula non sono più eseguite a mano con martello e bedano ma con macchinari di precisione, quando non addirittura per elettroerosione a tuffo.
Mancava, all’eleganza della batteria Droplock, quella doppia stanghetta di sicurezza che aveva reso famose le batterie Holland & Holland. Questo, benché molti costruttori industriali privilegino queste ultime affermando che due batterie prive di doppia stanghetta potrebbero scattare involontariamente insieme, non fu mai un problema.
Dimostrò e ancora dimostra, se mai, che un sistema Anson Deeley non è affatto una soluzione sbrigativa ma una costruzione fine che va realizzata a regola d’arte. Tuttavia, benché nessuno pur minimamente competente abbia mai affermato che una batteria Anson Deeley realizzata dai Piotti possa essere problematica, realizzare la doppia stanghetta divenne una sfida da affrontare, semplicemente per la soddisfazione del riuscirci e il gusto del lavoro ben fatto. Non è stata un’impresa veloce. Da quando mi fecero vedere i primi assemblaggi grezzi ma funzionanti, realizzati solo per verificare la fattibilità della loro idea, che prevede il dente di sicura sulla cresta del cane e non in prossimità del dente di scatto, a quando esaminai i primi prototipi della batteria Droplock, che mi fu consentito di fotografare solo dal lato della cartella perché non si potessero vedere le posizioni dei perni, fino alla realizzazione del fucile che vedete fotografato è passato oltre un anno e mezzo. In quel periodo credo di essere stato dai Piotti almeno sei volte, in ciascuna delle quali c’era un piccolo avanzamento della realizzazione.
Adesso ci siamo; il fucile era presente all’IWA e molti, in quell’occasione, vollero fotografarlo o realizzare un breve filmato. Buon segno, perché vuol dire che il fucile fine, in quest’epoca di tristi produzioni di massa, ha ancora i suoi estimatori.
Il sistema funziona indefettibilmente: Fabio Piotti ha provato ripetutamente a colpire la bascula con il martello di resina da ogni posizione e senza lesinare i colpi, dopo di che l’hanno fatta cadere sul duro da oltre un metro d’altezza. Inconvenienti: zero. Questo naturalmente dopo aver individuato, con faticosi e ripetuti esperimenti, la definitiva posizione dei perni. Per il resto il fucile è di impianto tradizionale, a parte l’eleganza formale che qui c’è e in larghissima parte dell’attuale produzione industriale manca proprio. La chiusura è a tassello su ramponi azionato dalla chiave, gli estrattori sono automatici, lo scatto è a monogrillo sequenziale. Il monogrillo selettivo potrà sembrare una raffinatezza, ma lo devo ancora vedere quello che trovandosi all’improvviso con una cotorna che passa come una palla di cannone riesce a selezionare la seconda canna in tempo utile. Lo sportellino che consente l’accesso all’interno della bascula per poter estrarre le batterie è duro da azionare, ma va detto che il fucile è nuovo e ha sparato solo i colpi di prova.
L’unico appunto che posso fare, in maniera davvero pretestuosa e dopo essermi molto sforzato per trovarne uno (che non c’è; è solo una fisima mia) è che le due viti a taglio visibili sulla batteria avrebbero potuto avere il taglio riferito nello stesso senso. Ma devo ammettere che anche nelle realizzazioni della miglior epoca le viti a testa bombata non erano riferite. Qui la vera raffinatezza è nascosta. La copertina del dépliant dedicato raffigura sia batterie con i componenti interni placcati d’oro sia una batteria con gli stessi componenti semplicemente bruniti. In questo fucile le parti dorate sono incise all’inglesina e scompaiono, invisibili, nella bascula. Ci vuole un gusto sicuro per richiedere un simile piccolo capolavoro di understatement, ma la decorazione non occorre esibirla. C‘è, il proprietario lo sa, non occorre altro.
Scheda tecnica Piotti Fabio
Costruttore | Fratelli Piotti www.piotti.com |
Modello | Fabio |
Tipo | doppietta a canna liscia |
Destinazione d'uso | caccia |
Calibro | 28 |
Camera | 76mm |
Lunghezza canne | 71 cm |
Strozzature | a richiesta, fisse |
Batterie | droplock (estraibili) |
Caratteristiche particolari | doppia stanghetta |
Scatto | monogrillo sequenziale |
Sicura | a cursore dietro la chiave |
Peso | 2.550 |
Prezzo suggerito | da 25.000 euro nel calibro 12 |