Girando per le armerie è inevitabile incontrare prima o poi armi di cui si è quasi persa la memoria, ma che in alcuni casi sono state per un periodo più o meno breve dei prodotti innovativi, o anche semplicemente alternativi a marchi diventati con il corso degli anni dei grandi classici. Durante una visita all'armeria dei Fratelli Poli di Gardone Val Trompia ci è capitato di notare in una vetrina un fucile semiautomatico dall'aspetto elegante pur nella sua semplicità e abbiamo chiesto di poterlo maneggiare e fotografare. Ecco a voi una breve storia del semiautomatico Belladonna.
Gli armaioli italiani
Gli armaioli italiani sono un nutrito gruppo che comprende Zanotti, Toschi, Cortesi, Cassani, Stanzani, Zaccaria, Biscuso, per la maggior parte basati in Emilia-Romagna ma anche in altre località: Rodolfo Cosmi ad Ancona e Terzilio Belladonna, protagonista delle nostre note, a Perugia. Ne ho sicuramente dimenticati parecchi; la scuola italiana ha prodotto armi di notevole livello. Gli ultimi due del mio elenco, a differenza dei primi che costruivano doppiette, sovrapposti e qualche fucile speciale - ricordiamo il fucile a tre canne di Cortesi - si dedicarono al fucile semiautomatico. Quello di Cosmi ha una meccanica originale ed è forse l’unico semiautomatico che possa ambire al rango di fucile fine, quello di Belladonna, autore anche di doppiette dalla forte personalità e riconoscibili come sue a prima vista, è un affinamento della meccanica Browning al quale si aggiunge un gusto del bello tutto italiano che gli conferisce una speciale eleganza.
Il semiautomatico a lungo rinculo
È la meccanica di molti costruttori, industriali e artigianali. I nomi sono ben noti: subito dopo Browning che iniziò il ciclo ci sono Franchi, Breda, Cosmi e, appunto, Belladonna. Il motivo di una meccanica così complessa ma peraltro affidabile è presto detto: il brevetto di Browning è del 1900 ma il progetto è del 1898. Si era agli albori dell’arma semiautomatica e le soluzioni dovevano garantire la robustezza; sul mercato era presente la Mauser C96 e la pur fragile creatura di Georg Luger doveva ancora vedere la luce. Dobbiamo pensare che il lungo rinculo fu una soluzione estesa, tanto che Frommer lo utilizzò nel 1910 per una pistola che sparava la debole cartuccia 7,65 Frommer. Benché possa sembrare che la grande quantità di masse in movimento possa influire negativamente sul permanere del fucile in linea di tiro, va considerato che i fucili “sistema Browning” non erano mai leggeri; quello che si cercava non era la leggerezza ma la robustezza e durata.
Il fucile semiautomatico e l'industria
È l’arma più adatta alla produzione industriale. Si dice che sia il fucile più complesso da mettere a punto e contemporaneamente il più facile da produrre in quantità e a basso costo. Vi si cimentò la FN di Herstal, alla quale Browning si era rivolto dopo il diniego di Winchester; curiosamente la maggior parte della produzione, visto che la vecchia Europa era affezionata alle due canne, fu venduta negli Stati Uniti, che furono affascinati dalla possibilità di produzione industriale, tanto che già nel 1905 Remington si accordò con Browning per la produzione su licenza. Erano passati solo tre anni dall’introduzione dell’Auto-5 sul mercato e non ne passarono molti altri prima che Winchester cambiasse idea sul semiautomatico e aggirasse i brevetti del mormone. Che peraltro consentirono di produrre l’Auto-5 dal 1902 al 1998, praticamente un record per un fucile a canna liscia. Nessun fucile appena meno che eccellente potrebbe restare in produzione per 96 anni.
Il semiautomatico di Terzilio Belladonna
Il primo prototipo di Terzilio Belladonna risale al 1939. L’arma, entrata in produzione, ottenne nel 1957 una medaglia d’oro della Camera di Commercio di Perugia e fu realizzata in circa 900 esemplari, assemblati e finiti a mano nel laboratorio ubicato in via Guardabassi 2 nel centro storico di Perugia. I 900 esemplari non furono i soli, visto che alla morte di Belladonna il brevetto fu ceduto alla Germano e Benzoni di Bergamo che sicuramente ne produsse alcuni. Fino a quando, non è dato saperlo così come resta nel vago il numero totale degli esemplari prodotti dall'azienda bergamasca.
Il fucile di Belladonna si riconosce al primo sguardo. Infatti i semiautomatici a lungo rinculo hanno, chi più chi meno, una sorta di gobba sulla parte superiore del castello, indispensabile per alloggiare il movimento retrogrado congiunto di canna e otturatore, esteso oltre la lunghezza del bossolo per consentire l’espulsione e l’alimentazione di una nuova cartuccia. L’esempio più clamoroso è dato dall’Auto-5 di Browning, al quale peraltro l’estensione superiore conferisce una personalità che lo rende immediatamente riconoscibile. Nel fucile di Belladonna il raccordo tra castello e calcio è tale che l’estensione superiore passa quasi inavvertita. L’eleganza non si discute ed è sottolineata dalla snellezza della canna, munita di una sottile bindella piena, e dalla forma aggraziata del mirino saldato a stagno e pece greca. Il fucile è più leggero degli altri a lungo rinculo e castello in acciaio, le finiture a mano sono superbe e lo smontaggio è facilitato per agevolare la manutenzione. La sicura è collocata nella parte posteriore del guardamano, così come introdotta da Remington e poi ripresa anche dalla FN.
Altra peculiarità del semiautomatico Belladonna è la manetta di armamento dell'otturatore a scomparsa, che caratterizza fortemente la parte centrale dell'arma.
Per chi vuole saperne di più il fucile, in calibro 12 e con canna Supervelox da 65 centimetri in acciaio Cogne, al momento è in vendita da parte dei fratelli Poli, www.fpafratellipoli.com