Quali siano le colonne etiche della caccia oggi, lo sappiamo tutti. Prelievo sostenibile. Fucile ragionato. Carnieri sempre volti al duplice scopo della conservazione dei capitali, nell’attento godimento degli interessi.
Per questa via si sono limitati i colpi nei fucili, le giornate di caccia, i calibri persino, con una tendenza sempre più marcata verso l’utilizzo di basculanti dal 20 in giù, adoperabili (e adoperati) un po’ in tutte le cacce, quelle col cane in primis: dalla quaglia alla beccaccia, passando per gli immancabili fagiani!
Tutto giusto. Tutto sacrosanto!
Vi son cacce tuttavia, che per la loro estemporaneità, per l’ottimo stato di salute di cui godono le specie in oggetto, per la variabilità delle annate, diciamo che possono avvantaggiarsi di alcune deroghe allo stato delle cose di cui sopra.
Per non parlare poi di quei territori selvaggi, dove il problema dell’etica non si pone ed il fucile è adoperato ancora come uno strumento per “fare la spesa”.
Ovvio che parlo da un lato di molte cacce d’appostamento fisso alla migratoria, e dall’altro di situazioni che se qui sono ricordo di un passato ormai lontano, altrove, in altri luoghi, costituiscono il pane quotidiano di caccia soprattutto per mangiare!
E’ pensando a queste due tipologie di utenti che in Poli si sono messi a lavorare ad un progetto in piena controtendenza rispetto a quelli che sono i canoni e le “mode” dell’attuale archibugeria.
Un progetto da quale è nata la versione speciale dell’Ivory che ora andiamo ad analizzare nel dettaglio.
A prima vista, di profilo, l’arma si presenta come una “quasi normale” doppietta di fabbricazione nazionale di quelle - come dire? - “da battaglia”!
Insomma, un robustissimo Anson, senza fronzoli, dal calcio a pistola servito da semplice monogrillo e tubi da lunghezza standard (70 mm), avvolti da astina a mezzo castoro. Verrebbe da pensare a una delle classiche doppiette bresciane o romagnole da lepraioli.
E invece qui, di normale non c’è proprio niente!
La prendi e la rigiri fra le mani, e subito ti accorgi che l’arma è parecchio pesante (4 kg!), anche se altrettanto equilibrata. Un peso che desta sospetti, ed esclude da subito quello che oggi è l’uso principe delle doppiette: quello cioè di servire soprattutto forme vaganti di caccia, quelle col cane in primis. Che poi è praticamente il core-business di casa Poli...
Dice: e allora?
Osservi lo spesso calciolo in gomma, e già qualche sospetto ti viene, ti sposti sul cursore di sicura, e ti accorgi che non c’è la levetta di selezione delle canne. E quindi?
Già, le canne... Sono loro la parte più notevole del tutto (assieme alle chiusure rinforzate), e lo capisci già al primo sguardo “in pianta”, cioè dall’alto.
Prive affatto di bindella centrale, hanno tre punti di giunzione in culatta, nella linea mediana, ed in volata.
Con un profilo tuttavia di accoppiamento, che anziché essere quello canonico - convergente, volto cioè a sovrapporre matematicamente le rosate dei due tubi ad una distanza di solito calcolata sui 30/35 metri - qui presenta una concezione affatto differente: i tubi cari amici, divergono! Sì, avete letto bene: le canne di questa particolarissima versione dell’Opal (che abbiamo battezzato “Duplex”), partono dalla culatta verso la volata con profilo divergente.
Le guardi meglio, e ti accorgi che anche gli organi di mira che ospitano sono strani: con tanto di foglietta abbattibile, tipica al limite di una carabina, o come sia di un fucile atto pure a sparare a fermo con una certa accuratezza.
Le strozzature sono fisse, e anche qui la sorpresa non manca: entrambe di 4 stelle! Cioè, quel che un tempo si sarebbe detto “cilindrico modificato”. Atte quindi a spargere il più possibile le rosate, ed entrambe nel medesimo range di tiro.
Il paradosso dei paradossi in un fucile a due canne...
Pensi, cerchi di capire, ti fai domande, e la memoria ti riporta a quel monogrillo senza selettore.
Un monogrillo che, ora lo intuisci, da solo fa sparare simultaneamente entrambe le batterie (ecco il perché del peso, ecco il perché di quel calciolo...)!!!
E allora riassumiamo: una doppietta con tubi divergenti, entrambi strozzati **** stelle, i quali - ci dice Tiziano Poli - lavorano PROPRIO per accostare le due rosate già piuttosto ampie ad una distanza fra i 25 e i 30 metri! Una affianco all’altra. Ma con un colpo solo.
Cioè, servono a raddoppiare la rosata con un unico colpo.
Due cartucce da 36 grammi, bang! 72 grammi di piombo che escono all’unisono dalla stessa arma, per coprire un paio di metri e anche più "in larghezza” di rosata.
Due baby da 42 (il peso dell’arma le fa reggere senza problemi) e via di 84 sul bersaglio.
Chiaro il concetto?
L’immaginazione mescolata coi ricordi di 1000 giornate di caccia varie e differenti, ti fa capire tutto, e ti ci vedi: freddo, nevischio, dopo tre settimane che non volava penna, ecco che i secconi son pieni di cesene una ammassata all’altra: una roba da non credere!
Febbraio, contenimento corvidi in deroga, fuori dal capanno, buttate, tante cornacchie grigie in pastura che fanno massa a terra.
Alba diaccia nel padule, un fischio, un fruscio, e di colpo la superficie si fa piena di becchi piatti che sciabordano nuoticchiando a due decine di metri o poco più dalla tua botte...
Ma avremmo potuto parlare di nugoli di storni, dove insidiabili.
Buttate clamorose di colombacci, dove ancora li si caccia a fermo.
Oppure ancora anatre più o meno esotiche, dove queste le si caccia per mangiarle a Est oppure di là dall’oceano Atlantico.
È in tutti questi casi che L’Opal “Duplex” a canne divergenti in calibro 12, costituirebbe l’assoluto asso nella manica, grazie alla possibilità di riprodurre (ma con più classe) l’effetto che un tempo si chiedeva a spingarde e spingardini.
Un plus davvero interessante!