I fucili dei Fratelli Rizzini di Magno

Fratelli Rizzini di Magno

"Fratelli Rizzini, Costruttori d'Armi".

Se sull’etichetta che sta all’interno delle cassette in cui sono racchiusi i loro fucili, anziché “Magno V.T.” ci fosse scritto “London”, i Fratelli Rizzini avrebbero dieci volte più ordini. Tanto è il richiamo commerciale di certi nomi storici e tanta è, purtroppo, la superficialità di chi vi si accosta senza le conoscenze che permettono di discriminare la sostanza dall’apparenza. 

Ma nessun fucile inglese potrebbe oggi mantenere la stessa qualità, ottenuta con una cura maniacale di ogni singolo dettaglio delle proprie armi. 

Contrariamente a quanto alcuni possono pensare, i Fratelli Rizzini di Magno (l’indicazione geografica è d’obbligo, perché in Valtrompia molti hanno lo stesso cognome) non fanno fucili di lusso, né li faranno mai.

Perché a Magno, in Valtrompia, in Italia, i Fratelli Rizzini costruiscono fucili finissimi. La differenza può sembrare sottile, ma è vertiginosa.

VIDEO: Stefano Rizzini - Intervista 

E questo non solo per quanto riguarda i curatissimi accoppiamenti e le impeccabili finiture ma anche per le soluzioni meccaniche che questi incontentabili costruttori ricercano in continuazione, senza mai badare alla difficoltà realizzativa, ma solo alla perfezione delle funzioni. 

Fratelli Rizzini di Magno
Le canne sono realizzate in casa a partire da un forgiato
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Le canne sono realizzate in casa a partire da un forgiato
Fratelli Rizzini di Magno
Le cartelle del nuovo sovrapposto sono equilibratissime

Il fucile di lusso guarda alla forma, all’apparenza. Si esplicita con incisioni profuse, legni appariscenti, prezzi elevati che dovrebbero sottendere una altrettanto elevata qualità. 

Potrebbe anche essere così, ma di solito si tratta di un fucile semplicemente onesto, dignitoso, abbellito oltre le sue qualità. Il fucile fine, per contro, guarda alla sostanza. La precisione degli accoppiamenti, l’ideazione di soluzioni tecniche per migliorare l’esistente, il non accontentarsi di quello che c’è, il non cercare scorciatoie di alcun genere, sono le caratteristiche del fucile fine. 

Potrebbe tranquillamente essere privo di incisioni e rimessi in oro, con appena una grechina sottile come un capello a contornare le batterie. Ma quelle batterie devono essere tirate a pietra e perfettamente in piano, non finite alle carte perché queste ultime possono agire anche su certe superfici che guardate a luce radente fanno venire il mal di mare. Forse è quello il motivo di certe incisioni profuse: servono a coprire le imperfezioni, talvolta anche a coprire gli aggiustaggi a martello dei costruttori meno onesti.

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Le due posizioni del coperchio della tabacchiera sono assicurate da un nuovo sistema, con molla elicoidale. Una soluzione innovativa e debitamente siglata
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Le superfici piane sono finite a pietra

Ecco, per capire di primo acchito la differenza tra un fucile fine e un fucile di lusso bisogna andare a Magno e osservare le armi dei fratelli Rizzini. Fanno le migliori doppiette del mondo. Punto. E adesso fanno anche parecchio altro, sempre da par loro e con la stessa elevatissima qualità.

In comune con i costruttori britannici dell’epoca d’oro hanno l’elevato numero di brevetti, tutti tesi a migliorare qualche funzionalità che ad altri – non a loro – sarebbe sembrata già perfetta. 

Ma rispetto a quegli stessi costruttori, che hanno ottenuto la maggior parte dei loro brevetti oltre cent’anni fa e non li ritenevano migliorabili, c’è il fare tutto in casa mentre sui fucili di reputati e costosissimi nomi della miglior epoca ci sono, ad esempio, acciarini fatti da altri. Non solo Holland & Holland dichiarava nel proprio catalogo che le batterie dei suoi fucili erano fatte da Joseph Brazier, ma lo stesso nome l’ho trovato all’interno degli acciarini di una doppietta di Boss, calibro 12 a canna rigata.

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Le superfici già tirate in piano sono finite alle carte
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Un acciarino a molla avanti con la briglia integrale brevettata

Si tratta di acciarini che, per quanto finissimi, ai fratelli Rizzini non andavano bene, tanto che li hanno modificati e hanno brevettato la modifica. In pratica, la briglia non è applicata alla cartella con i tradizionali perni, ma è ricavata in un sol pezzo. Soluzione meccanicamente difficilissima e ancora più difficile per quanto riguarda le finiture, ma loro sono fatti così, non si accontentano e se trovano una soluzione migliore la applicano senza pensarci due volte. E senza mai ricercare quelle soluzioni che servono unicamente a semplificare il lavoro, senza apportare migliorie. 

Per giunta, anche solo per rispondere alle fisime di alcuni clienti, hanno ideato soluzioni definitive senza curarsi della complessità. Per fare un esempio, se un’astina con sgancio ad Auget può essere finita con un puntale di ebano o di corno, a volte d’avorio, se lo gancio è a pompa quell’astina ha un puntalino metallico da incassare perfettamente nel legno. 

Alcuni clienti hanno sentenziato che fosse storto, peraltro senza essere d’accordo con le loro stesse osservazioni: chi lo vedeva storto verso destra, chi verso sinistra, circostanze che per sé definivano le osservazioni fatte come una mera fisima. C’era un modo per metterli a tacere ed è stato applicato. Adesso il puntalino è ricavato in un sol pezzo con il canotto in cui scorre l’asta della pompa e quel canotto è quadrato, in modo che non sia possibile inserirlo nell’astina se non in un solo modo, quello giusto.

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Le molle degli ejectors, qui quelli della doppietta, agiscono su un elemento intermedio e non direttamente sui martelli
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Il puntalino integrale al canotto in cui scorre l’asta della pompa
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Il prototipo dell’attacco a piede di porco che si alloggia sulla bindella
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Il prototipo dell’attacco a piede di porco che si alloggia sulla bindella
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Ormai solo Serafino Rizzini è ancora capace di fare lo zigrino scozzese
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Gli zigrinatori speciali autocostruiti
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Con i ferri speciali per zigrinare si ottiene questo risultato, senza cuspidi vive

Al di là delle soluzioni trovate – ma su alcune di esse torneremo – il motivo per cui fanno tutto in casa è che il fucile fine incomincia dall’inizio. Sembra una banalità, ma la tendenza al rinviare certi aggiustaggi, o la risoluzione di alcuni problemi, perché “questo lo mettiamo a posto dopo” o perché “tanto poi l’incisione copre tutto” consente, al massimo, di fare fucili di lusso. 

Ogni singolo passaggio della realizzazione di un fucile fine deve essere portato a termine nel modo corretto, magari migliorandolo ancora quando se ne intravede la possibilità, e solo quando ogni passaggio è stato eseguito al meglio si può passare a quello successivo. 

Il fucile fine dovrebbe addirittura avere inizio almeno otto anni prima di metterlo in lavorazione, perché questo sarebbe il necessario periodo di stagionatura del legno. Sarebbe, al condizionale, perché nel deposito dei legni non c’è un solo ciocco che sia stagionato meno di quattordici anni.

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La doppietta nella sua valigetta. Come le altre realizzare a Magno, è la migliore del mondo
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La bascula dell’Express, con i rinforzi laterali

Da qualche tempo, in aggiunta alla splendide doppiette, sono entrati in produzione nuovi fucili. Il primo è l’Express, naturalmente a canne giustapposte. L’Express sovrapposto sarebbero benissimo in grado di farlo, ma deve aprirsi di un angolo più ampio e nel caso di ricarica al volo si perde tempo. Si tratta solo di attimi, ma di fronte ad un animale pericoloso è meglio tenersi sul sicuro ed evitare la possibilità che quegli attimi diventino gli ultimi della propria vita. 

L’altro fucile, recentissimo, è il sovrapposto che abbiamo potuto esaminare in anteprima. 

Fratelli Rizzini di Magno
L’Express nella sua valigetta

Va da sé che entrambi i fucili uniscono alla nota maestria esecutiva un patrimonio consistente di novità. Alcune molto importanti perché si riferiscono alla funzionalità dell’arma, che risulta nettamente migliorata; altri miglioramenti sono correlati alla comodità d’impiego ma sono ugualmente innovativi e testimoniano quell’attenzione ai dettagli senza la quale il fucile fine proprio non è possibile realizzarlo. 

Il fucile di lusso, naturalmente, si può sempre fare ma non posso farmi carico di proprio tutte le miserie del mondo e affrontare anche un fucile semplicemente abbellito, non sempre con gusto. Se ne è già accennato, e basti.

Fratelli Rizzini di Magno
Il doppio mirino dell’Express: un mirino ribaltabile di nuova concezione
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Il doppio mirino dell’Express: un mirino ribaltabile di nuova concezione
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Il doppio mirino dell’Express: un mirino ribaltabile di nuova concezione

Non si può descrivere in poche righe un fucile che meriterebbe un lungo articolo a sé. Ma forse la semplice elencazione delle migliorie è sufficiente a dare un’idea. L’Express ha tradizionalmente due mirini, diurno e notturno. 

Altrettanto tradizionalmente il mirino notturno è unito a una lunga struttura che va a coprire il mirino diurno e che può essere strappata via se in foresta ci si impiglia in qualcosa. A me non è mai successo, ma a un amico sì. Diciamo che non ne è stato particolarmente contento. 

Fratelli Rizzini di Magno
Le fogliette della tacca non hanno la molla ma si inseriscono in un eccentrico

La soluzione “Made in Magno” è stata quella di mettere i due mirini alle estremità opposte del diametro di un disco d’acciaio inserito tra le canne. In questo modo il mirino non in uso è sempre coperto e protetto. Un possibile punto debole degli Express è la tacca di mira a fogliette: si mettono in uso ribaltandole all’indietro, per cui se si rompesse la molla il rinculo potrebbe farle abbattere. Altra soluzione “Made in Magno”: abolire le molle e sostituirle con degli eccentrici. Quando la foglietta è alzata la sua base va in tensione nell’eccentrico e non si abbatte se non volontariamente.

E fin qui siamo alle modifiche funzionali, ma ce ne sono altre. Ad esempio, il coperchio della tabacchiera è normalmente difficilissimo da aprire senza rimetterci un’unghia. 

Aveva senso nell’Ottocento, quando si stava fuori a caccia per più giorni e nella tabacchiera c’erano i percussori di ricambio. Oggi al massimo ci si tengono le pillole del fabbisogno giornaliero. Assicurare le due posizioni – aperto e chiuso – del coperchio della tabacchiera ha risolto il problema. È una soluzione a cui tengono, visto che all’interno del coperchio c’è il loro punzone. 

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Culatta e astina dell’Express. Qui il canotto della pompa era ancora rotondo
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La volata dell’Express. Non c’è il cuneo di regolazione perché i Rizzini hanno trovato un modo speciale per avere le canne regolate già all’origine
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Il noce non ha la stressa durezza nelle parti chiare e in quelle scure. Per tirare in piano i legni le carte sono tenute piane da un attrezzo
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Non c’è un solo ciocco di radica che sia stagionato meno di 14 anni

Infine, benché l’Express si usi normalmente alle brevi distanze, da misurarsi in passi più che in metri, c’è chi vuole calibri radenti e richiede un’ottica. Su un fucile che dovrebbe consentire il tiro d’imbracciata non è l’ideale: l’ottica si monta sull’elevazione posteriore della bindella, alla quale di solito corrisponde un simile tratto elevato che supporta il mirino. Ho visto solo un campione della loro soluzione e non l’ho vista applicata, ma si tratta di un attacco a piede di porco la cui base è contenuta nella bindella. Il tiro d’imbracciata diventa possibile non solo con le mire metalliche, ma anche con l’ottica.

Fratelli Rizzini di Magno
Stefano Rizzini mentre illustra alcune particolarità del sovrapposto

Del sovrapposto, solo poche note perché mi riservo di tornarci con un articolo apposito quando potrò. Per incominciare, quel sovrapposto è bello. Può sembrare una notazione estemporanea, ma un oggetto di compera anche per l’estetica, mentre un oggetto brutto o senza personalità non avrà mercato. 

Sulle cartelle di questo fucile Gian Marco Sabatti ha fatto un piccolo prodigio di equilibrio, con una grechina sottilissima e un’incisione che non è affollata ma respira. So che agli incisori non piace incidere poco, ma a volte meno è meglio e questa è una di quelle volte. 

Fratelli Rizzini di Magno
Il sovrapposto smontato nei tre elementi base

Naturalmente, per ottenere l’equilibrio bisogna esserne capaci e non sono molti quelli che ci riescono. Ma veniamo alla parte tecnica, che si vede dopo aver scomposto l’arma. 

Gli espulsori automatici sono azionati da due cilindretti che attraversano verticalmente la bascula e sono contenuti nell’espansione laterale delle canne che va appunto in appoggio sulla bascula. Non hanno piacere che si veda come li hanno inseriti in quello spazio ridotto, ma me l’hanno fatto vedere e sono rimasto ammirato. Avendo promesso di non pubblicare la foto, me ne astengo.

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L’apertura del sovrapposto avviene senza sforzo

All’interno della bascula, sulla parte antero-superiore, ci sono due camme, che sono diverse tra loro risolvendo un’annosa questione. Se il fucile si apre con facilità, come il self-opening di Purdey che peraltro era una doppietta, bisogna fare sforzo per chiuderlo perché in quel momento si armano sia le batterie sia i martelli degli ejectors. 

Al contrario, se le batterie si armano in apertura, questa non è facile e richiede un certo sforzo anche se è facilitata la chiusura. La catenella tra molla e noce contribuisce a ridurre gli sforzi, ma più di quel tanto non può fare. Per oltre cent’anni si è pensato che non ci fossero altre soluzioni, finché non è arrivata quella “Made in Magno”. 

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Si vede l’asta che muoverà i pistoncini di attivazione degli ejectors
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I due pistoncini che attivano gli ejectors
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Gli ejectors sono contenuti nelle espansioni della culatta

In pratica, l’apertura delle canne è agevole in quanto non incide sulla batterie, che sono armate in chiusura. Ma una per volta, perché è a questo che servono le camme differenziate. Lo sforzo, quindi, è ridotto del cinquanta per cento. Osservando le batterie, le molle sono 4-5 millimetri più lunghe rispetto ad una tradizionale batteria fine a molla indietro. Ma questo poneva problemi per la collocazione della doppia stanghetta, soprattutto visto che la briglia è integrale alla cartella.

Fratelli Rizzini di Magno
Le due camme sono diverse tra loro per armare i cani uno alla volta
Fratelli Rizzini di Magno
Le due camme sono diverse tra loro per armare i cani uno alla volta

Inoltre in quel di Magno non piaceva l’idea che il dente d’aggancio della stanghetta di sicurezza fosse staccato dal cane, che ci avrebbe picchiato sopra violentemente e avrebbe potuto scavalcarlo se l’urto fosse stato particolarmente violento. 

Soluzione: il dente della stanghetta di sicurezza è in appoggio sul cane e viene dislocato lateralmente. Funziona ed è a prova di ogni urto violento, visto che quell’urto non potrebbe giungere contemporaneamente da due direzioni perpendicolari tra loro. 

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L’acciarino del sovrapposto; la doppia stanghetta è rimossa lateralmente

Incidentalmente: il prezzo del sovrapposto è nettamente inferiore a quanto mi aspettavo, soprattutto se paragonato a quello di fucili di pari qualità (non è difficile, ce ne sono proprio pochi). Ma quel prezzo è riferito al fucile che ho visto, perché in definitiva il prezzo di qualcosa che è realizzato su misura dipende dalle richiesta del cliente.

Mi rendo conto di essere giunto alla fine dell’articolo senza avere indicato qualche criterio che consenta di distinguere il vero fucile fine dalla pletora di fucili di lusso. Posso indicare il criterio che uso io quando ho fretta: guardo gli estrattori.

Fratelli Rizzini
Da sinistra Serafino, Stefano e Franco Rizzini

Si devono poter far scorrere con le dita ma anche alla massima estensione non devono avere gioco. Deve essere difficile distinguere dove finisce l’estrattore e dove semplicemente c’è il ribasso della culatta per accogliere il fondello della cartuccia. 

L’area delle culatte che è normalmente coperta dagli estrattori deve essere impeccabilmente finita. Infine, la parte degli estrattori che va a contatto con la culatta deve essere ineccepibile. 

Eventualmente, mi servo di uno specchietto per osservarla. Naturalmente se si tratta di una doppietta i gambi superiori ed inferiori degli estrattori devono costituire un cilindro perfetto, in cui sia difficilissimo identificare i segni della giunzione tra i due semigambi. In linea di massima non mi occorre altro, perché chi ha finito così gli estrattori non sarà stato trasandato su alcuna altra parte del fucile, mentre chi fa fucili abbelliti di solito sorvola tranquillamente sulla parti che non si vedono.

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