Nel Tesino, in provincia di Trento, dove è nata e risiede, la famiglia Zotta è più conosciuta con il soprannome Bailo. E Bailo è un nome che nell’abbigliamento sportivo ha un peso. Tullio Zotta Bailo nel 1954 ha iniziato commerciando lana acquistata dai pastori locali, facendola filare e tessere dall’allora famoso lanificio Dalsasso in Valsugana e rivendendo poi ai sarti i prodotti finiti per realizzare i capi di abbigliamento per la montagna.
Tutti e cinque i figli di Tullio, Livio, Giacomo, Tranquillo, Renzo e Bruno, hanno vissuto in montagna in un maso a 1200 metri con le mucche facendo il formaggio, falciando i prati e tagliando legna nei boschi. A cavallo degli anni Sessanta e Settanta, il primogenito Livio e Bruno, il più giovane, proseguono l’attività del padre e iniziano la produzione dei primi capi di abbigliamento per la montagna che subito dopo vengono marchiati con il soprannome della famiglia: Bailo. Nasce così lo storico marchio dello scoiattolo. Il passaggio alla realizzazione dei primi capi di abbigliamento da caccia viene naturale, essendo tutti i cinque fratelli grandi appassionati e praticanti di tutte le forme di caccia alpina.
«La notorietà del marchio Bailo si estende a tutta Europa grazie anche ai fratelli che non smettono mai di testare i capi in prima persona andando in montagna tutte le domeniche e a caccia nei periodi consentiti», spiega Giorgio Zotta Bailo, entrato ufficialmente in azienda nel 1990 dopo gli studi, anche se dai 14 anni in poi ha passato tutte le estati a lavorare in magazzino a fare pacchi, inventari e cartelle colori. «Bailo introduce e fa conoscere materiali come il Goretex o il pile che non esistevano in Europa. L’aneddoto sulla nascita del nome “pile” meriterebbe una citazione perché è nato proprio in Bailo... Negli anni Bailo ha poi introdotto nella caccia anche i tessuti elasticizzati, che adesso sono di uso comune, ma a fine anni Ottanta erano assolutamente innovativi e all’avanguardia».
Le varie crisi di mercato e la morte prematura del fratello Livio portano Bruno Zotta e la famiglia a cedere il marchio a un gruppo estero che però non prosegue lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione. Con l’entrata in azienda di Giorgio, appassionato cacciatore fin da bambino, lo zio Bruno decide di puntare sulla linea caccia e nasce appunto Bailo Forest che si differenzia dalla linea montagna, non solo per il colore, e viene commercializzata direttamente in tutta Europa. All’interno dell’azienda Bailo, Giorgio acquisisce molta esperienza partendo dal commerciale e marketing, passando poi al reparto produzione e infine allo stile, ricerca e sviluppo di tutti i prodotti, con un occhio di riguardo per quelli della linea caccia Bailo Forest.
«A seguito delle vicissitudini di Bailo, sono poi uscito dall’azienda e, in breve tempo, grazie a una rete consolidata di amicizie e collaborazioni, ho fondato nel 2015 il marchio Zotta Forest che prende ovviamente spunto da Bailo e prosegue nella tradizione di famiglia». Nel 2019 entra in azienda anche il figlio Samuele Zotta Bailo, anch’egli appassionato cacciatore che inizia a fare esperienza e garantisce la continuità con la quarta generazione di “baili” appassionati di montagna, caccia e abbigliamento.
Che tipo di caccia praticano Giorgio e Samuele?
«Le mie prime esperienze di caccia sono al capanno con mio padre Tranquillo a sparare a uccelletti al volo e, poi, con il cane da ferma al gallo forcello e alle beccacce. Poi mi sono molto appassionato alla caccia di selezione e con gli zii Livio, Giacomo, Bruno e Renzo ho girato tutte le montagne del comune di Castello Tesino alla ricerca di camosci preferibilmente, ma anche cervi e caprioli. Samuele, seguendo me e gli zii, non poteva che diventare un ottimo cacciatore di selezione».
Quanto conta l’esperienza venatoria nella costruzione del know-how di Zotta Forest?
«Il marchio Zotta Forest, come anche Bailo prima, traggono grandissimi vantaggi dalla passione dei titolari che sono i primi e più critici utilizzatori e tester. Tutti i prodotti Zotta sono provati personalmente prima della realizzazione, anche se per forza di cose vengono utilizzati principalmente i capi dedicati al mondo alpino. Il know-how di Zotta e di Bailo si è sempre basato sull’utilizzo diretto dei prodotti, nella ricerca della soddisfazione delle esigenze specifiche che i cacciatori hanno e richiedono, con caratteristiche uniche e innovative. Il pay-off di Zotta è infatti “la tradizione incontra l’innovazione”».
Che caratteristiche deve avere l’abbigliamento per la caccia secondo Zotta?
«L’abbigliamento per caccia negli anni si è evoluto enormemente come tutte le cose. I materiali tradizionali come il loden, il fustagno o il velluto rimangono pur sempre belli, eleganti e caratterizzanti per il mondo venatorio, ma sono ampiamente superati dal punto di vista della performance dai materiali moderni e tecnologici. Oggi l’abbigliamento per caccia ha esigenze più specifiche, deve essere principalmente comodo, leggero, pratico e funzionale. Deve permettere al cacciatore di essere protetto durante l’attività mantenendo però un certo stile e look. Le differenze dei vari tipi di caccia e modi di praticarla richiedono caratteristiche totalmente diverse. Un “cinghialaio canaio” avrà per forza la necessità di materiali anti-spino super resistenti, simili in parte a quelli di un “beccacciaio”, ma anche qui, quale beccacciaio? Alpino o di pianura? La caccia alpina in montagna ha bisogno di caratteristiche specifiche. Sono necessità in alcuni casi opposte a quelle dei colleghi cacciatori di pianura o collina che hanno, loro malgrado, a che fare con una vegetazione mediterranea molto aggressiva. Le caratteristiche che identificherei come univoche per tutti i cacciatori sono la praticità e il comfort. Questi infatti sono, e saranno sempre, must del marchio Zotta Forest».
L’abbigliamento di Zotta per la caccia è "italiano"?
«In Italia siamo molto attenti alla vestibilità e all’estetica dei capi. Per nostra fortuna, la cultura del vestire per caccia è cresciuta molto in tutti Italia, anche se c’è ancora tanta strada da fare. Lo stile italiano si vede anche nell’abbigliamento da caccia, è apprezzato in tutto il mondo e si differenzia molto dallo stile tedesco o nordico, sia nei materiali sia nel look. La differenza abissale la fa la vestibilità. Per esportare in Nord Europa siamo costretti a fare vestibilità diverse per le esigenze specifiche e le tradizioni di quei mercati. All’interno della collezione Zotta Forest ci sono così molti modelli che coprono più necessità possibili. L’abbigliamento Zotta, seppur non prodotto/confezionato totalmente in Italia, è disegnato, pensato, sviluppato e testato interamente all’interno della nostra azienda. Per noi, quindi, è un abbigliamento italiano, trentino e tradizionalmente tesino».
Dove producete il vostro abbigliamento?
«Già negli anni Novanta la nostra famiglia è stata fra i pionieri nella ricerca di risorse produttive in giro per il mondo. Questo non solo per il costo, ma soprattutto per le tecnologie che, nostro malgrado, anche se magari in parte pensate e inventate in Italia, non erano presenti sul territorio nazionale. Oggi abbiamo basi produttive in Asia direttamente gestite e controllate da noi, dove realizziamo l’80% dei nostri prodotti. Il resto viene prodotto in base alle capacità in Italia, in Europa e in India».
L’abbigliamento italiano e quello Zotta Forest in particolare come sono percepiti all'estero e negli Stati Uniti?
«Purtroppo all’estero ci sono enormi difficoltà. Tutti ci riconoscono per l’estetica e l’innovazione, ma da italiani siamo ancora un po’ snobbati da quei mercati che si sentono più storici e tradizionali nel mondo caccia. Attualmente i risultati migliori li stiamo ottenendo nel bacino del Mediterraneo e nei Paesi latini. Gli Stati Uniti, invece, sono un mondo a parte per la caccia e, prima di poter sbarcare in quel mercato, bisogna essere preparati e studiare le loro esigenze che sono in buona parte molto diverse dalle nostre».
Qual è la specializzazione delle vostre collezioni dal punto di vista tecnico? Noto sempre molti particolari fluo…
«Per la realizzazione delle nostre collezioni ci basiamo sulle necessità che noi, i nostri promoter-amici e in particolar modo i nostri clienti ci trasmettono. Cerchiamo sempre di avere un contatto il più possibile diretto con i nostri clienti, siano essi armerie, negozi sportivi o consumatori finali. Da qui partiamo per migliorarci di volta in volta senza avere la pretesa di soddisfare tutti, ma cercando di fare del nostro meglio per realizzare capi che siano belli, tecnici, comodi e pratici. Noi siamo specializzati, visto che appunto come famiglia li abbiamo introdotti sul mercato, in tutti i materiali elasticizzati e performanti. Abbiamo ricercato e sviluppato tessuti di nostra esclusiva sia per la caccia alpina con particolare attenzione alla leggerezza e alla impermeabilità, sia per la caccia nella macchia con alcuni tipi di Kevlar, anch’essi però elasticizzati, particolarmente resistenti agli strappi e ai rovi. Qualche anno fa abbiamo iniziato a utilizzare per primi il colore giallo fluo per l’alta visibilità in alternativa al più classico arancione. Nella nostra collezione sono presenti vari colori, molte sfumature di verde che seguono le tonalità della vegetazione in base alle caratteristiche stagionali dei prodotti, varie tonalità di marrone e colori terra. Per la donna, Invece, abbiamo optato per l’azzurro fluo come caratterizzazione in alternativa all’inflazionato viola-fucsia».
Cosa pensa dell’alta visibilità, che è obbligatoria in gran parte d’Italia, e del camouflage?
«L’alta visibilità e la sicurezza sono fondamentali in tutti gli ambiti. Se l’alta visibilità può evitare anche solo un incidente all’anno ha già ottenuto il suo scopo. Sono quindi assolutamente favorevole. Non è facile però farlo digerire a tutti noi cacciatori e soprattutto nelle zone alpine. Dovremmo per questo fare molto di più in termini di informazione, dimostrando come l’alta visibilità può salvare la vita. Riguardo al camouflage, invece, il discorso è diverso. Per cultura e caratteristiche noi italiani non siamo mai stati tanto amanti dello stampato camouflage anche perché purtroppo ricordo come è stato introdotto sul mercato a bassissimo livello risultando un prodotto povero, mentre invece il camouflage di alta gamma ha un elevatissima qualità e necessita di una elevata tecnologia per lo studio e la realizzazione. C’è una ripresa del camo in Italia, ma non credo avrà per il momento un grosso sviluppo a causa appunto dei costi elevati».
Cosa fa davvero la differenza per quanto riguarda i prodotti dell'azienda Zotta Forest rispetto alla concorrenza?
«Sono sempre fondamentali la passione e l’amore che abbiamo per il nostro lavoro e per il mondo in cui operiamo. Zotta ha l’enorme fortuna di essere un team giovane, composto da ragazzi e ragazze tutti amanti della vita all’aria aperta, con molti cacciatori praticanti. Abbiamo tutti l’enorme fortuna di lavorare a stretto contatto con le nostre passioni: la caccia, la montagna e la creazione di abbigliamento. Questo fa la differenza nei prodotti Zotta. I clienti ci hanno dato e ci danno la forza di proseguire e migliorarci giorno per giorno nonostante i periodi particolari e complicati che stiamo passando».
Che cosa vuole dire avere "stile" nell’abbigliamento per caccia?
«Una volta lo stile a caccia era solo quello “tirolese” e noi che siamo trentini e tesini, che facevamo parte dell’impero austro-ungarico, quello stile lo conosciamo bene. Ancora oggi molto bello e apprezzato, però non possiede quelle caratteristiche di performance che il cacciatore moderno richiede. Per questo fin dalla prima collezione Zotta Forest abbiamo ricercato uno stile nostro che si può forse definire minimal-fuzionale per caratterizzarci e differenziarci dai nostri competitor».