Legend, ecco il secondo nome di una nuova pistola sportiva il cui “cognome” è P210 e appartiene quindi a un clan di pistole di grosso calibro ricco di tradizione. Il nome aggiuntivo non poteva essere più indovinato: nei circoli dei tiratori di grosso calibro, attenti alla massima precisione e al funzionamento in assoluta sicurezza, il nuovo modello “nove parabellum” in singola azione e con caricatore monofilare ha suscitato grande scalpore. Può essere che l’aura di “Colt” e “Luger”, a causa del loro passato militare, resti più impressa di quella della P210: in dotazione ai soldati svizzeri e danesi, raramente ha avuto impieghi bellici, eccettuato il caso dei sanitari danesi impegnati nella guerra di Corea. Tuttavia, per quanto riguarda qualità e regolazioni, la pietra di paragone per le pistole di grosso calibro interamente in metallo è sempre la P210. Le armi corte di questo tipo prodotte dall’industria svizzera (SIG) a Neuhausen superavano regolarmente anche molte pistole di costosa fabbricazione manuale. Così il modello, ormai ultra sessantenne, si trova ancora oggi tra le mani di sportivi a livello europeo nel tiro di precisione, mani che dopo alzano vittoriose la coppa. “Legend”, spiega Philip Pai del marketing SIG-Sauer, “indica anche che abbiamo deciso di non proseguire con la consueta denominazione del modello 210 e la sua numerazione da 1 a 8”.
La prima persona plurale è riferita a SIG-Sauer e quindi alla sede di produzione di Eckernförde. La nuova P210, infatti, per la prima volta non arriva dalla Svizzera anche se una continuità è comunque presente, in quanto SIG-Sauer era da tempo in collegamento con gli svizzeri. Il nuovo produttore si riallaccia quindi chiaramente alla grande tradizione, pur ponendo nel nome il segno visibile del cambiamento di luogo. Questo, continua Pai, significa anche che SIG-Sauer non ha impiegato alcuna parte di produzione svizzera per la nuova arma: “Naturalmente possediamo un patrimonio antico qui, al quale si sono ispirati i nostri specialisti per definire le misure precise. Ma tutte le parti metalliche della P210 Legend nascono nella produzione di Eckernförde”. Le guancette dell’impugnatura in legno di noce, il cui design porta la firma della ditta Karl Nill, arrivano non dallo Schleswig-Holstein, ma dal Baden-Württemberg. Come Pai incantato conferma, gli svevi lavorano con assoluta affidabilità e precisione: “Davvero nessun problema né stress per mantenere le misure quotate”.
Tuttavia la rinascita di un simile classico ha comportato anche problemi. Nel 1949 si lavorava con macchine diverse da quelle odierne. I tedeschi del nord devono quindi innanzitutto spiegare come possano produrre la P210 con le attrezzature moderne; l’adattamento non deve infatti spingersi fino a rovinarne il design. Pai: “Allestendo la linea di produzione della Legend, abbiamo deciso di conservare per quanto possibile le misure originali della P210”. Tutto ciò ha portato anche a ridurre di due terzi il numero delle fasi di produzione. Naturalmente il merito compete alle moderne fresatrici a controllo numerico che permettono di compattare in una sola fase operazioni che in precedenza richiedevano più macchine.
La Legend è inconfondibilmente una P210 ed è altrettanto chiaro che non abbia conservato tutto dei vecchi modelli. I fan più appassionati dovranno asciugarsi qualche lacrima di malinconia: al posto delle consuete viti a intaglio, ora ci sono moderne viti torx. Sono trascorsi i tempi della leggendaria finitura rossiccia SIG, nota in alcuni modelli precedenti della P210 (in realtà riconducibile a un incidente di brunitura). Manca anche la lucidatura brillante, sostituita da una finitura nera, opaca e omogenea, con rivestimento QPQ. In proposito spiega Philip Pai: “Si tratta di un procedimento di trattamento a caldo in tre fasi. QPQ è l’acronimo di Quench (nitrocarburazione incluso un raffreddamento ossidante), Polish (lucidatura meccanica delle rugosità prima della nitrocarburazione) e ancora Quench (ossidazione per elevare la resistenza alla corrosione). Il compito principale del rivestimento QPQ è quello di proteggere da usura e corrosione e incrementarne la durata. Il procedimento non è impiegato soltanto nelle nostre pistole, ma in parti di macchine in tutti i settori”.
Uno sguardo alla slitta informa che SIG-Sauer ha rinunciato alle incisioni antiriflesso, cosa che non ha disturbato gli esaminatori. Poiché la Legend nasce in Germania, manca naturalmente la croce elvetica, inserita almeno nei modelli più antichi sulla superficie prima del mirino, con la tacca di mira fissa. Altri tre dettagli saltano subito all’occhio: il primo è il caricatore monofilare per otto cartucce, che non si sgancia più, come era tipico nelle P210, tramite il fermo in acciaio elastico ripiegato posto sotto il pozzetto del caricatore. Al suo posto, in stile Georg Luger, un pulsante nell’impugnatura, dietro la guardia del grilletto. Non proprio una novità dal momento che alcuni preparatori attrezzavano così la 210 su richiesta. E anche quando l’arma apparve, all’inizio del secolo, con il logo SAN Swiss Arms AG, nella versione 210-5 dotata di fusto allungato era presente un bottone azionabile con il pollice. Sul pulsante della Legend i tecnici di Eckernförde hanno davvero lavorato minuziosamente: il bottone a testa ovale si presenta inclinato in avanti verso il grilletto.
Non disturba durante il tiro ma viene azionato comodamente dal pollice della mano destra, la cui punta si trova a contatto con il pulsante. Naturalmente una molla di forza opportuna evita che una pressione accidentale allo sparo provochi lo sgancio del caricatore. Un miglioramento suggerito dalla pratica: dal confronto con una serie di modelli P210 precedenti risulta che lo sgancio caricatore tradizionale non è né facile né comodo da manovrare, per tacere della presa sgradevole.
Seconda modifica: la formatura arcuata dello sperone dell’impugnatura, nota con il nome inglese di “beavertail”, ovvero a coda di castoro. I tecnici SIG-Sauer si sono lasciati ispirare dalle Colt Government destinate a fini sportivi e dalle pistole da competizione che le hanno seguite, tutte dotate di retro sollevato.
Per lungo tempo lo sperone dell’impugnatura precedente, corto e rivolto verso il basso era stato giudicato poco confortevole per le mani grandi. La maggior parte dei tiratori ritiene migliore questa versione dal punto di vista ergonomico, in quanto l’arco dello sperone si incurva verso l’alto. I preparatori custom avevano già affinato la 210 in questo modo negli anni passati.
E infine la terza modifica, che però attirerà meno l’attenzione dei tiratori sportivi e più quella dei collezionisti: a sinistra, sotto l’impugnatura, è scomparso l’occhiello per l’attacco del correggiolo, irrinunciabile un tempo per il servizio militare e che distingueva soprattutto la “barra quattro” della polizia federale tedesca di frontiera.
Il controllo all’interno della nuova arma mostra la sicura al percussore, ora obbligatoria in alcuni Paesi per le pistole automatiche. Una piccola modifica è stata apportata al fissaggio e alla forma della molla della leva di hold-open. Il retro dell’impugnatura sotto le guancette appare pieno nel terzo inferiore, dal momento che ora in quel punto manca lo sgancio caricatore, prima montato sotto. Manca anche la sicura al caricatore dei modelli precedenti, cosa del tutto ragionevole, in quanto non più al passo coi tempi. Inoltre nelle discipline sportive come l’IPSC deve essere sempre possibile chiudere l’arma anche se scarica.
Al primo test funzionale di tutti gli elementi di comando, ha colpito l’aletta della sicura ottimamente lavorata; in alcuni modelli precedenti della P210 risultava dura, con un contorno sottile e scanalato che faceva dolere la punta del pollice. La sicura della Legend funziona come prima, a leva basculante, ma con presa più ampia. La leva si manovra molto più facilmente, ma è stabile come prima nelle posizioni estreme. Lo smontaggio ha indicato come sia stata inserita questa nuova e piacevole caratteristica: i tedeschi del nord hanno sviluppato una nuova molla; dove prima era agganciato soltanto un elemento a lamina ovale, ora si trova una molla laminare a gancio, con gli intagli per le estremità dell’asse della sicura.
Tutta la lavorazione appare di prima qualità: tutte le superfici si presentano pulite, tutte le giunzioni salde, e questo vale anche per le guancette Nill, talmente aderenti che un esaminatore dapprima aveva creduto che si trattasse di un unico pezzo. Le parti in movimento si muovono armoniosamente; naturalmente all’armamento la mano avverte una certa resistenza, ma senza i soliti scricchiolii o rumori raschianti. Come già accennato, gli elementi di comando si dimostrano perfettamente regolati. E almeno uno degli esaminatori (mano grande) è riuscito a raggiungere con la punta del pollice anche l’hold-open e a sbloccarlo quasi senza problemi.
Lo scatto presenta un peso abbastanza preciso di 1500 g e uno slittamento minimo, però dopo una precorsa in due stadi, sensibilmente “appiccicosa”: un aspetto sotto il quale la Legend peraltro non si discosta dai tre originali tratti per il confronto dalla collezione di Wolfgang Müller. Per quanto riguarda il comfort di uso, la nuova pistola è sicuramente migliore, a parere degli esaminatori.
Al test di tiro
Allo sparo, l’arma si comporta come ci si aspetta da una P210: grazie alla struttura completamente in acciaio, siede con il giusto peso nella mano. Il caricatore monofilare rende l’impugnatura abbastanza snella da risultare comoda anche per le mani più piccole. Per l’angolazione dell’impugnatura, SIG-Sauer ha seguito la direttiva decisa a suo tempo da Max Müller: ottima scelta. L’arma si porta subito in mira nella posizione giusta sul “nero” del bersaglio; la mano deve solo allineare tacca di mira e mirino. Molto buona l’immagine di mira, anche per merito di due visuali a mezzaluna a sinistra e a destra del mirino nella finestra della tacca, che accentuano le immagini di mira in modo perfetto. Non c’è da meravigliarsene: il product manager di SIG-Sauer, Ralf Vanicek, ha investito parecchio tempo su questo aspetto e il fatto che lo conosca a menadito e sappia come funzioni lo dimostra, tra l’altro, la sua attuale posizione preminente nella classifica PPC 1500. Come procedura funzionale, gli esaminatori hanno sparato una serie di cartucce FMJ e una con palle in piombo (LRN).
Durante il processo, solo con una versione di cartucce LRN si sono verificati problemi di alimentazione. Quando la cartuccia è stata nuovamente caricata, è scivolata in canna e l’innesco è stato effettuato senza problemi. Successivamente, i tester Ulrich Eichstädt e Matthias Recktenwald hanno installato la Legend nel Ransom Rest.
In modo un po’ instabile, perché era disponibile l’adattatore per una P210 con sgancio caricatore in basso, ma non per il modello a pulsante laterale. Il problema è stato risolto con una piccola operazione sul rivestimento in gomma. Tuttavia la manopola restava premuta, in questo modo, e il caricatore non era fermo nell’impugnatura.
Quindi le cartucce dovevano essere camerate una per una, con conseguente lesione di due pollici; lo spigolo interno superiore dell’estrattore non ha invece riportato danni.
Per il resto, nulla da ridire. Nella sezione di test, la Legend si è comportata secondo le attese, non molto diversamente dalle 210 provate in test precedenti. Va detto: la signora fa i capricci, non tutte le munizioni sono di suo gradimento. Ha prodotto qualche immagine di tiro non eccezionale, ma con due tipi Magtech anche due ottime rosate tra 20 e 30 mm (vedere tabella).
Altrettanto con la marca che Ralf Vanicek aveva consigliato all’IWA. Posizione di tiro: seduta, perfettamente centrata al bersaglio. Complessivamente un risultato molto soddisfacente, senza problemi, con qualche piccolezza ancora da ottimizzare nel caricamento.
Riepilogando
La P210 del Baltico presenta un rapporto qualità/prezzo adeguato e si inserisce senza soluzione di continuità nella schiera delle sue antenate del Reno. Il carrello di Eckernförde si monta senza necessità di adattamenti sul fusto di Neuhaus e possono essere scambiati perfettamente. Dall’altra parte, la canna SIG-Sauer si adatta al carrello elvetico e alla molla venuta dalla Svizzera. I caricatori sono intercambiabili, come dimostra il test pratico. Persino i moduli scatto possono essere scambiati.
Peraltro, quello nuovo ha funzionato in modo eccellente in una pistola vecchia, ma il contrario no. Possibile motivo: Eckernförde fissa questa unità con una vite attraverso l’elsa, forse il modulo Legend risulta troppo lasco nell'impugnatura svizzera. Solo il caricatore non resta saldo nell’impugnatura tedesca; ciò è dovuto interamente al porta caricatore spostato dal basso in alto. Vedendo il campione, pare che la maggioranza delle parti (e alcuni elementi di accuratizzazione) si dimostrino compatibili. Occorre rassegnarsi a qualche rilavorazione, ma ciò è vero anche per altre operazioni di tuning.
CODICE A BARRE: IL CLAN DELLE P210.
I collezionisti identificano le varianti sulla base delle barre e delle cifre poste dietro la denominazione del modello, parlano quindi di “barra uno” o di “barra quattro”. Tuttavia ciò non comprende tutte le versioni di questa famiglia di pistole, che si è andata arricchendo di dimensioni e modelli dal 1947. Seguono le realizzazioni principali.
Modello SP 47/8: calibro 7,65 mm parabellum e 9 mm parabellum. Lunghezza canna 120 mm. Guancette in legno lucidate e con rigature trasversali, con o senza attacco per correggiolo. La produzione è iniziata con una pre-serie costruita parzialmente a mano (numeri 6030-6060). Sono seguite due serie di produzione, la maggior parte della prima destinata all’associazione dei tiratori sportivi svedesi. Gamma dei numeri di serie: 6061-6540 e 6541-6862. La seconda serie comprendeva pezzi campione, esperimenti e anticipazioni; numeri di serie: 7000-7030.
M/49 danese: a metà del 1948 l’esercito danese ordinò circa 16600 pistole, che ricevettero la denominazione ufficiale “9 mm P m/49”. Fino al 1962 vennero prodotti altri 11000 pezzi: la prima grande commessa e quindi la prima produzione di serie della famiglia di pistole. Le armi andarono al Hærens Tekniske Korps (genieri dell’esercito) e al Forsvarts Krigsmaterial Vorvalting (gestione materiale bellico). Perciò riportano a sinistra dell’impugnatura, sotto la scritta “9 mm P m/49”, la sigla “HTK” o “FKF”, accompagnata dalla corona danese. I numeri di serie: 0001-16607 (HTK), 16608-25513 (FKF), 35025-36441 (HTK). Inoltre i danesi ordinarono nel 1951 il primo sistema di conversione a piccolo calibro.
M/49 svizzera: seguendo la Danimarca, la divisione di tecnica bellica svizzera votò a favore dello sviluppo SIG SP 47/8 e quindi contro il progetto della fabbrica di armi elvetica di Berna (W+F). Nel settembre 1949 iniziarono le consegne. Numeri di serie:
1: A 100001 - A 103200
2: A 103201 - A 107210
3: A 107211 - A 109710
4: A 109711 - A 120000
Le pistole consegnate successivamente facevano parte della gamma A 120001 - A 213110. La “A” indica che si tratta di un pezzo per l’esercito. I modelli venduti più tardi a clienti civili portavano la lettera “P” per “privato” sotto la guardia del grilletto. Alcuni pezzi prodotti direttamente in fabbrica per il mercato privato avevano la “P” prima del numero. Tali pistole erano destinate anche alle Ferrovie svizzere e a compagnie ferroviarie private.
SIG P210-1: guancette in legno lucidate e, inizialmente, rigate longitudinalmente. Vendute a privati e a diverse polizie. Calibro 9 mm e 7,65 mm parabellum (numeri: P 5001 – P 100000, nuova serie da P 300001). È esistita anche una versione calibro .22 LR (dal 400001). Tecnicamente come la SP 47/8, ma con attacco per il correggiolo, mirino inclinato all’indietro, fondello otturatore curvo e leva di sicura rigata, senza indicatore dello stato di carica.
SIG P210-2: calibro 7,65 mm e 9 mm parabellum. Tecnicamente come la P210-1, ma con finitura più piacevole, sabbiata. Guancette in plastica nera zigrinata come standard, in legno con sovrapprezzo. Con la sigla “S” gli specialisti identificano i modelli con piccoli difetti estetici che l’azienda cedeva ai dipendenti con forti sconti.
SIG P210-3: per le polizie di Basilea, Glarus e Losanna nonché per il mercato civile. Principale differenza rispetto alle precedenti: indicatore dello stato di carica, cane con mezza monta. Diverse varianti, a rettifica fine e sabbiate.
SIG P210-4: 5000 pistole calibro 9 mm parabellum ordinate per la polizia di frontiera tedesca con il contratto del 13 marzo 1951. Segni di riconoscimento: indicatore di stato carica come per la “barra tre”, attacco per correggiolo assente. Numeri preceduti da “D” (D0001-D5000). A sinistra dell’impugnatura e sulla canna l’aquila con sotto BMDV 1 come identificativo BMI. Furono inoltre prodotti anche i sistemi di conversione per piccolo calibro: i frontalieri li usavano per allenamento. Gli specialisti riconoscono diverse matricole: Lorenz Vetter in “Das große Buch der SIG-Pistolen” ne cita 443 (da D 0001 a D 0443), altrove si trova anche l’indicazione di 330. Importante: come annota Vetter, oltre alle 5000 armi ordinate da Bonn esistono altre 1500 “barra quattro” con cui, secondo Vetter, SIG intendeva garantire “la consegna alla polizia di confine tedesca”. Tuttavia la BGS non emise altri ordini. Così il grosso dei 1500 pezzi prese la via della Danimarca, riconoscibile dal numero di serie che inizia per 3 (numeri di serie: 35025 - 36441). Le restanti andarono sul mercato privato e a diverse polizie, nessuna a Cuba. Le pistole con numeri di serie da D 6001 a D 6500 provengono da un lotto prodotto a metà degli anni ʼ90 per Frankonia-Jagd.
SIG P210-5: la prima delle 210 destinata solo allo sport, in 9 mm o 7,65 mm parabellum. Per lo più come la “barra due”, ma con canna più lunga (da 150 a 180 mm). Mirino non posizionato sul carrello bensì sulla canna, con supporto ad anello fissato con viti autobloccanti. Inoltre, la parte frontale dell’impugnatura è rigata. Negli anni ʼ60, la prima SIG P210-5 “heavy frame”: con fusto rinforzato, come piace ai tiratori sportivi che desiderano una presa più salda. La P210-5 LS Heavy Frame era una versione costruita dal 2003 con logo SAN e carrello lungo, prolungato per adattarsi alla canna da sei pollici. Prolungato anche il fondello del caricatore.
SIG P210-6: versione sportiva come la “barra cinque”, ma con canna da 120 mm. Di principio uguale alla 210-2, ma con qualche altra differenza nelle guancette, oltre a essere “heavy frame”. Tacca di mira montata a coda di rondine sul carrello o tacca di mira micrometrica
SIG P210-7: pistola allestita in fabbrica appositamente per piccolo calibro. Molte (non tutte) sono riconoscibili tramite l’otturatore fresato a coppa davanti alla tacca di mira. Per il resto simili a 210-1 e -2. Lunghezza standard della canna 120 mm, ma anche canne più lunghe fino a 180, come la “barra cinque” con mirino sulla canna.
SIG P210-8: l’ultima versione costruita da SIG dopo il giro del millennio, heavy frame, riconoscibile per la finitura diversa e pregiate mire LPA, che sostituiscono la dispendiosa tacca di mira micrometrica.
SIG P210-L: la lettera dopo il trattino sta per “de Luxe”. Armi prodotte fuori serie, con incisioni e ornamenti. A metà degli anni ʼ90, SIG produsse quattro varianti. La prima SIG P210-5 de Luxe nacque su iniziativa della ditta Hege. La versione speciale del 1978 per il 125° anniversario costruita da SIG non è una variante L. Ne furono prodotti 500 pezzi.
SIG P210-FKF e -HTK: designazioni dei collezionisti talvolta usate per la versione M/49 destinata all’esercito danese.
SIG-Sauer P210 Legend: la nuova P210, ora prodotta a Eckernförde.