Se si vuole fare un nuovo fucile, occorre pensarlo dall’inizio. Se ne scompone uno di buona qualità e si vede dove è possibile migliorarlo. Sappiamo tutti che lo smontaggio da campagna di un fucile basculante lo suddivide in tre parti: l’insieme calcio e bascula, le canne e l’astina. Poi ci sono i sottoinsiemi, come gli ejectors, le batterie, l’eventuale monogrillo, ma gli insiemi principali sono quei tre. Bene, diciamo subito che nel nuovo sovrapposto dei fratelli Rizzini di Magno le canne sono ancora una sopra l’altra e il calcio è ancora di legno; tutto il resto è stato modificato.
Per la verità, se il calcio all’inglese è superbamente finito a olio e con lo zigrino a cuspidi piatte - e quello scozzese nel calciolo, che solo Serafino Rizzini è ancora in grado di fare - nel caso lo voleste a pistola e con tabacchiera nella coccia anche qui ci sarebbe qualcosa di diverso dal solito.
Le radiche sono stagionate quattordici anni e la finitura a olio richiede alcune settimane, ma questo in quel di Magno non è una novità.
Piuttosto, occorre considerare che per realizzare lo zigrino a cuspidi piatte bisogna che il legno sia perfettamente tirato in piano, senza ondulazioni, cosa impossibile con il classico tampone di feltro per le carte abrasive perché il noce non ha una durezza uniforme: le parti scure sono più dure di quelle chiare.
Questo vuol dire che la carta abrasiva deve essere fissata su un apposito supporto rigido realizzato allo scopo. In sostanza, il calcio è sempre di legno ma come lo fanno i Fratelli Rizzini non è il solito calcio.
Passiamo alle canne. Diceva Greener che dei circa cento componenti di un fucile - ma dai Fratelli Rizzini qualcuno in meno, perché come vedremo non ci sono le viti per fissare la briglia - le canne sono i due più importanti.
Come già detto, sono una sopra l’altra e sono unite a demibloc.
Naturalmente, sono realizzate in casa a partire da sbozzi fucinati di dimensioni adeguate. Ma la saldatura avviene sopra una sagomatura particolare dei blocchi di culatta, per avere la massima superficie di giunzione. Le camere sono realizzate a mano, perché solo così la sensibilità dell’operatore consente di raggiungere un risultato sempre preciso e sempre uguale. Ho dato un’occhiata all’olio che usano e non è il tradizionale olio d’oliva; devono aver trovato qualcosa di meglio.
Le espansioni laterali del blocco di culatta all’altezza della seconda canna alloggiano gli ejectors. L’altra notazione per quanto riguarda le canne è che in presenza di monogrillo entrambe hanno la stessa strozzatura. Se il cliente vuole il monogrillo bisogna darglielo, anche se il doppio grilletto è più veloce, ma non c’è motivo di mettere un selettore del tutto inutile.
Un fagiano di montagna vien giù come un missile ed è un bersaglio ancora più difficile del beccaccino che si caccia in pianura; chi tira di stocco, d’imbracciata, non ha nessuna possibilità di azionare il selettore del monogrillo, ammesso che si ricordi da quale lato occorre spostarlo per selezionare la prima o la seconda canna.
Poiché tutte le cose inutili finiscono, prima o poi, per diventare dannose, il monogrillo dei Fratelli Rizzini è sequenziale e le strozzature sono identiche per le due canne. Va da sé che chi sceglie la versione a doppio grilletto, che ad avviso di chi scrive è la più elegante, potrà ottenere le strozzature che desidera per ciascuna canna.
Esaurito per ora il capitolo canne, passiamo a quello che serve per poterle rimuovere dall’arma, cioè lo smontaggio dell’astina. Lo sblocco è a pompa, con l’estremità anteriore dell’asta di comando inserita in un puntalino perfettamente incassato. Ma quell’asta di comando è piatta, perché gli spessori del legno nell’astina di un sovrapposto sono risicati; con l’asta piatta il legno si può scavare di meno.
Rimane il problema della molla, che è stato risolto inserendo due molle elicoidali di 20 millimetri di lunghezza in due fori praticati nella croce. Le molle sono più lunghe della corsa dell’asta e non si impaccano, a garanzia di un lungo funzionamento sempre uguale e di una corsa morbida, senza indurimenti.
VIDEO: Stefano Rizzini - Intervista
Osservando la bascula notiamo subito due pistoncini disposti simmetricamente sulla parte superiore. Sono gli elementi che attivano gli ejectors. Questi ultimi sono contenuti nelle espansioni laterali del blocco di culatta, sono azionati da molle elicoidali e traslano linearmente. A differenza delle altre soluzioni generalmente in commercio, non sono caricati all’apertura del fucile, ma in chiusura.
In questo modo l’apertura è facilitata, in quanto l’armamento degli ejectors, che hanno molle potenti, la indurirebbe non poco. Ma anche la chiusura è facilitata da un accorgimento: nella bascula, vi sono due camme diverse tra loro, per cui gli ejectors sono armati singolarmente uno dopo l’altro. Va da sé che lo sforzo percepito è ridotto del cinquanta per cento.
La chiusura del fucile è del tipo Boss modificato che si avvale delle pareti della bascula per la tenuta; il doppio chiavistello va in appoggio su due mensole ricavate in culatta che nella loro parte inferiore alloggiano in due scavi sulla faccia di bascula. I tasselli centrali del sistema di chiusura, disposti simmetricamente sui lati interni della bascula, sono in due parti. In questo modo, se durante la tempra della bascula si avessero dei movimenti con una piccola variazione delle quote, basterebbe sostituire l’elemento che costituisce la parte posteriore del tassello per ripristinare un aggiustaggio perfetto.
La soluzione non è intesa a recuperare un allascamento della chiusura, sia perché il tiraggio è effettuato dalla parte anteriore del tassello sua perché gli aggiustaggi a regola d’arte hanno una durata lunghissima, come dimostrano vari fucili di pregio della Belle Époque giunti fino a noi e ancora in uso. Questo non vuol dire che un molto improbabile allascamento della chiusura non sia rimediabile, perché è sempre possibile sostituire i semiperni.
Restano da esaminare le batterie, che azionano la lunga leva per il sollevamento dei pistoncini e quindi l’attivazione degli ejectors, ma hanno anche varie caratteristiche uniche.
Per incominciare, la briglia è realizzata in un sol pezzo con la cartella. Soluzione difficile, sia per la realizzazione sia per la finitura, che però garantisce che non ci saranno micromovimenti di alcun genere. Sotto quella briglia c’è una molla più lunga di circa cinque millimetri rispetto a quelle tradizionali. Può sembrare poco, ma la dolcezza di funzionamento è tutta diversa. La briglia integrale e la molla più lunga ponevano dei problemi per l’alloggiamento della stanghetta di sicurezza, che sono stati brillantemente risolti in modo originale.
E naturalmente brevettato. La stanghetta non è, come sempre accade, un po’ staccata dal cane, pronta a intercettarlo in caso di sgancio involontario. In quel di Magno si è pensato che se l’urto del cane contro il dente d’arresto fosse molto forte, e il dente fosse un po’ consumato, lo sparo potrebbe avvenire ugualmente.
Eventualità poco probabile e che tenderei ad escludere nel caso di un fucile dei Fratelli Rizzini, ma l’eventualità teorica non piaceva. La soluzione è stata quella di realizzare una stanghetta di sicurezza in cui il dente d’arresto è a contatto con il cane e nel rimuovere quel dente lateralmente, liberando il cane. Uno sgancio involontario non è assolutamente possibile, perché qualunque colpo, anche molto violento, non può venire da due direzioni ortogonali tra loro.
La volta scorsa non avevo provato ad aprire il fucile e far scattare le batterie, perché non avevo i salvapercussori. Ma dopo che mi hanno spiegato perché avrei potuto provare gli scatti – i loro percussori sono fatti con lo stesso acciaio dei percussori per mitragliatrici –ho fatto scattare entrambe le batterie. Il fucile richiede uno sforzo davvero limitato sia in apertura sia in chiusura e gli scatti sono eccellenti: puliti, appena leggermente roll-over e assolutamente identici. D’altra parte, dai fratelli Rizzini non mi sarei aspettato nulla di diverso.
Il prezzo del sovrapposto esaminato, del tutto teorico visto che non è in vendita, mi ha colpito per essere nettamente inferiore a quanto mi sarei aspettato per un fucile di quella qualità. Esprimere un prezzo per un fucile fatto su ordinazione e su specifiche del cliente non ha molto senso, così come non ne ha una scheda tecnica visto che le peculiarità meccaniche sono tutte descritte nel testo e le altre (tipo di calcio, di legno, strozzature, lunghezza delle canne e così via) possono variare ampiamente da un esemplare all’altro.
Al momento non ci sono fucili usati in circolazione, ma quando vi saranno è facile che costino più del nuovo per il quale saranno necessari lunghi tempi d’attesa. Per lavorare con il loro livello di qualità i fratelli Rizzini producono una decina di fucili l’anno, anche se pare che in un anno di elevatissima produttività ne abbiano costruiti tredici.